venerdì 12 agosto 2022

 

11 agosto film rifugio galassi

CALALZO DI CADORE

Questa sera, alle ore 21, nella sala consigliare del municipio di Calalzo di Cadore sarà proiettato in anteprima il docufilm “Galassi per sempre-50 anni di volontariato mestrino sulle Dolomiti”. Il documentario è stato realizzato dallo scrittore Marcello Mason e racconta le vicende di 50 anni di autogestione del Rifugio Galassi. Il film viene proiettato proprio nell'ambito del centenario della nascita della Sezione Cadore dell'ANA. La conferenza del colonello Gianluigi Rinaldi sulla storia degli Alpini tenuta nel Cos-Mo venerdì scorso, aveva posto in risalto la spedizione sfortunata degli Alpini in Africa. Una vicenda che aveva lasciato in sospeso l'importanza storica della spedizione. Il vuoto sarà colmato durante questa sera quando sarà spiegato il suo valore storico che ha portato all'intitolazione del Rifugio Galassi, proprio ad un Alpino caduto in Africa.


“Era
il 19 ottobre del 1913” racconta lo scrittore “ che il ricovero militare, collocato sotto la Forcella Piccola dell’Antelao, venne inaugurato dedicandolo a Pietro Galassi, tenente del VII° Alpini scomparso nella primavera dello stesso anno per malattia ad Aziza, nel corso della guerra di Libia. Il giovane si era spento lì, in quel deserto infuocato e inospitale, così diverso dal suo Cadore, con l’ultimo pensiero rivolto alla famiglia e agli amati monti che più non avrebbe rivisto. Lo stabile sarebbe stato inoltre utilizzato come base per addestramento ed esercitazioni alpinistiche, in un luogo di rara suggestione, vista anche la presenza di imponenti ghiacciai. Ma a dispetto delle aspettative, esso ebbe vita abbastanza breve, se si considera che di lì a non molto già appariva in evidente stato di abbandono”. Considerato il nascente interesse per l’escursionismo, la Sezione del C.A.I. di Pieve di Cadore chiese al Demanio di poterlo trasformare in un rifugio alpino, affidandone la gestione a Marco Moretti, di Calalzo. Ciò in considerazione dei suoi meriti di soldato nonché dell’essersi distinto nell’attività di recuperante di salme degli alpini. La sua gestione inizio nel 1932. Per quasi trent’anni l’uomo ne ebbe cura. E con lui la moglie Celina e la prole. La famiglia venne coinvolta nella gestione molto faticosa, perché non esistevano ancora né luce elettrica né collegamenti telefonici, nessuna teleferica per il trasporto dei beni di prima necessità.

Preso atto dei costi divenuti impegnativi, la Sezione di Pieve dopo alcuni anni rinunciò alla gestione del Galassi, e nel 1937 fu restituito all’autorità militare. Nonostante ciò Moretti proseguì nella conduzione, anche se non con continuità. Nell’estate del 1950 il rifugio passò alla Sezione di Mestre che da tempo l'aveva desiderato, mantenendo comunque il vecchio custode. L’inaugurazione avvenne il 6 agosto dopo essere stato ammodernato, grazie ai contributi Comuni di San Vito, Borca e Pieve di Cadore. Alla scomparsa di Marco la famiglia Moretti si rimboccò le maniche e per un altr’anno riuscì a portare avanti l’attività. Seguirono varie gestioni, aggravate dal degrado dello stabile: il tetto che lasciava penetrare l’acqua in modo sempre più preoccupante, arredamento obsoleto e impianti inefficienti. Nella primavera del 1968 venti furibondi, la cui velocità stimati di cento chilometri orari, scoperchiarono il rifugio. La Sezione non potendo tra l’altro fare a meno di considerare quanto i tempi fossero cambiati con le nuove esigenze dei visitatori, in termini di vitto e alloggio. Furono giorni dolorosi, segnati dall’incertezza tra l’eventualità di rinunciare definitivamente al Galassi e quella di trovare una soluzione, senza saper immaginare quale.

Quand’ecco, nel 1970, vi fu una fiammata di orgoglio che ad altri poteva apparire follia. Delusi dalle ultime gestioni, si considerò la formula del tutto inedita dell’autogestione. Perciò soci che gratuitamente, si sarebbero alternati nella sua conduzione. Una formidabile scommessa, dall’esito in quel momento quanto mai incerto, ma che si sarebbe rivelata vincente.

Superato l’entusiasmo iniziale, erano però venuti a galla i nodi della gestione, a cominciare dai rifornimenti di viveri e materiali. I volontari provarono a risolvere il problema con le proprie forze, ma nel breve termine si era compreso quanto massacrante fosse lo sforzo richiesto. Fu così che si fece strada l'idea di un impianto a fune che consentisse il trasposto di viveri e materiali dalla Val d’Oten, fino al rifugio. A dispetto di alcune disavventure, nell’estate del 1975 la sospirata teleferica terminava con successo la sua prima corsa. Nel corso degli anni sopravvenero normative igienico-sanitarie che equiparavano rifugi come il Galassi e il Chiggiato a quelli di fondovalle senza alcuna considerazione del loro prezioso contributo sociale e culturale svolto in alta montagna. Un esempio: il Chiggiato, che per dotarsi dei servizi previsti, costò la vita per le fatiche sopportate al suo gestore Sandro Valcanover. Già all’inizio degli anni novanta il Galassi realizzò una centralina alimentata dall’acqua di fusione dei ghiacciai e utilizzando generatori di corrente di ultima generazione, più silenziosi e rispettosi dell’ambiente.

Frattanto era proseguita la strutturazione del rifugio, della cucina, delle camerate e dei bagni. Dedicando tra l’altro uno spazio speciale al “Centro di attività alpine”, a ricordo di due soci, Gianluigi Visentin e Roberto Malgarotto, tragicamente scomparsi nel settembre del 1992 in Nepal. Nacquero così le “Settimane dell’amicizia” che puntualmente hanno portato nel rifugio ragazzi spesso al primo incontro con l’alta montagna. Il resto è attualità. “Mezzo secolo che comunque si consideri” conclude Marcello Mason, “è una storia che non può certo lasciare indifferenti: iniziata con l’ammirevole interessamento della Sezione di Pieve di Cadore, proseguendo poi con la grande avventura mestrina, ora giunta ai suoi cinquant’anni di autogestione. Tanto impegno, fedeltà e amore, meritano realmente una visita a quel rifugio di montagna, posto poco sotto la Forcella Piccola. Lì, nel cuore del Cadore” VITTORE DORO.


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