lunedì 19 marzo 2018



PIEVE DI CADORE    
Lo aveva spiegato ancora due anni fa il direttore del centro di Gorizia che si occupa del rilascio dei permessi di soggiorno ai richiedenti asilo  in Italia, parlando ad un incontro organizzato dal Presidio di Libera Cadore "Barbara Rizzo" alla Tappa di Valle di Cadore: L’accoglienza dei richiedenti asilo in Italia non è più una emergenza, ma un fatto epocale che deve essere finalmente affrontato con forme d’integrazione differenti da quelle attuali”. Oggi  ad affermarlo è anche  Anna Del Favero, una infermiera che dopo aver iniziato la sua vita lavorativa a Pieve ha trascorso  7 anni in Brasile per l’associazione "Tecnici volontari cristiani" e poi altri 3 anni in Uganda, Angola e Mozambico con il Cuem di Padova. Oggi è in pensione e osserva dall’esterno quanto sta succedendo in Italia e in provincia di Belluno per quanto riguarda gli immigrati che incontra spesso sul suo cammino. “Non è una situazione che mi soddisfa, racconta, perché queste persone che arrivano nel nostro paese, non sono accolte come meriterebbero e la loro dignità viene calpestata. Non vengono trattate come persone normali, ma come persone disabili e incapaci di fare qualsiasi lavoro. Devo premettere che capisco chi critica la loro presenza e alle volte ha paura di loro, perché le strutture che li accolgono non fanno nulla per integrarli e insegnare loro come comportarsi, come lavorare, come tenere in ordine la casa dove abitano”. D. Perché succede questo? R.”Principalmente perché chi li accoglie e li gestisce fa molto poco per far conoscere il territorio dove arrivano. Spesso le cooperative che li hanno in carico si accontentano d’incassare i 35 €uro al giorno che sono pagati per il loro mantenimento. Questo succede perché manca un progetto a livello nazionale per la loro gestione e per insegnare loro i fondamenti del nostro modo di vivere e come dovrebbero comportarsi: innanzitutto non sono obbligati a imparare la lingua italiana e di conseguenza solo circa il 3 % segue i corsi per imparare a parlare l’italiano. Conoscere la nostra lingua è alla base di un rapporto con le persone residenti. L’insegnamento dell’italiano, inoltre è la chiave per aprire la porta che li porta a conoscere come si vive in Cadore. A causa di questa carenza diventa molto difficile far loro comprendere che vivere nel nostro paese comporta oltre che dei diritti, anche dei doveri. Invece, anche in alcune riunioni alle queli ho partecipato, vengono messi in disparte e nessuno chiede loro: <noi stiamo facendo molte cose in vostro favore, ma cosa siete in grado di fare voi per noi, come volete contraccambiare quanto noi facciamo per voi? D. Cosa intende con questo? R.”Sono andata in centro gestito da una cooperativa per un servizio. Ho trovato che poiché non c’era la donna delle pulizie, i servizi erano poco igenici. Ero insieme ad un operatore che non diceva nulla. Ho dovuto spiegare io agli ospiti che se volevano il gabinetto in ordine dovevano pulirlo loro. Non ne erano capaci: ho dovuto insegnare loro come fare e come utilizzare i detersivi che c’erano. Sono ripassata dopo qualche tempo e i servizi erano puliti, docce comprese”. D. Concludendo: cosa serve? R.”E’ indispensabile che ai richiedenti asilo vengano fatte lezioni di educazione civica e consentito loro di lavorare. Solo così incominceranno a sentirsi persone normali e non essere più obbligati, una volta ottenuto il permesso di soggiorno, a trovare scappatoie per poter vivere”.

La donna della foto per assistere ai corsi di formazione percorre ogni volta 130 chilometri a piedi.

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