PIEVE
DI CADORE
Lo aveva spiegato ancora due anni fa il direttore del centro di Gorizia che si occupa del rilascio dei permessi di soggiorno ai richiedenti asilo in Italia, parlando ad un incontro organizzato dal Presidio di Libera Cadore "Barbara Rizzo" alla Tappa di Valle di Cadore: “L’accoglienza
dei richiedenti asilo in Italia non è più una emergenza, ma un
fatto epocale che deve essere finalmente affrontato con forme
d’integrazione differenti
da quelle attuali”. Oggi ad affermarlo è anche Anna Del Favero, una
infermiera che dopo aver iniziato la sua vita lavorativa a Pieve ha
trascorso 7 anni in Brasile per l’associazione "Tecnici
volontari cristiani" e poi altri 3 anni in Uganda, Angola e Mozambico
con il Cuem di Padova. Oggi è in pensione e osserva dall’esterno
quanto sta succedendo in Italia e in provincia di Belluno per quanto
riguarda gli immigrati che incontra spesso sul suo cammino. “Non è
una situazione che mi soddisfa, racconta, perché queste persone che
arrivano nel nostro paese, non sono accolte come meriterebbero e la
loro dignità viene calpestata. Non vengono trattate come persone
normali, ma come persone disabili e incapaci di fare qualsiasi
lavoro. Devo premettere che capisco chi critica la loro presenza e
alle volte ha paura di loro, perché le strutture che li accolgono non fanno nulla per integrarli e insegnare loro come comportarsi, come
lavorare, come tenere in ordine la casa dove abitano”. D. Perché
succede questo? R.”Principalmente perché chi li accoglie e li
gestisce fa molto poco per far conoscere il territorio dove arrivano.
Spesso le cooperative che li hanno in carico si accontentano
d’incassare i 35 €uro al giorno che sono pagati per il loro
mantenimento. Questo succede perché manca un progetto a livello
nazionale per la loro gestione e per insegnare loro i fondamenti del
nostro modo di vivere e come dovrebbero comportarsi: innanzitutto non
sono obbligati a imparare la lingua italiana e di conseguenza solo
circa il 3 % segue i corsi per imparare a parlare l’italiano.
Conoscere la nostra lingua è alla base di un rapporto con le persone
residenti. L’insegnamento dell’italiano, inoltre è la chiave per
aprire la porta che li porta a conoscere come si vive in Cadore. A
causa di questa carenza diventa molto difficile far loro
comprendere che vivere nel nostro paese comporta oltre che dei
diritti, anche dei doveri. Invece, anche in alcune riunioni alle
queli ho partecipato, vengono messi in disparte e nessuno chiede
loro: <noi stiamo facendo molte cose in vostro favore, ma cosa
siete in grado di fare voi per noi, come volete contraccambiare
quanto noi facciamo per voi? D. Cosa intende con questo? R.”Sono
andata in centro gestito da una cooperativa per un servizio. Ho
trovato che poiché non c’era la donna delle pulizie, i servizi
erano poco igenici. Ero insieme ad un operatore che non diceva nulla.
Ho dovuto spiegare io agli ospiti che se volevano il gabinetto in
ordine dovevano pulirlo loro. Non ne erano capaci: ho dovuto
insegnare loro come fare e come utilizzare i detersivi che c’erano.
Sono ripassata dopo qualche tempo e i servizi erano puliti, docce
comprese”. D. Concludendo: cosa serve? R.”E’ indispensabile che
ai richiedenti asilo vengano fatte lezioni di educazione civica e
consentito loro di lavorare. Solo così incominceranno a sentirsi
persone normali e non essere più obbligati, una volta ottenuto il
permesso di soggiorno, a trovare scappatoie per poter vivere”.
La donna della foto per assistere ai corsi di formazione percorre ogni volta 130 chilometri a piedi.
Nessun commento:
Posta un commento