martedì 19 settembre 2017

LA SOLUZIONE PER LA LINEA FERROVIARIA DELLA QUALE NESSUNO PARLA

CADORE
Avevamo ragione noi: anche l'assessore regionale ai trasporti De Berti è su questa linea!
"Quella ferrovia non s'ha da fare e probabilmente non si farà"almeno fino a quando i responsabili del pensiero cadorino corrente, non capiranno che è indispensabile una voce sola e che questa voce non proponga una soluzione irreale ed economicamente non  valida: lo dimostra l'incontro tenuto in Magnifica Comunità di Cadore giovedì 18  agosto che  ha fatto ritornare in mente quanto sosteneva l'Assesssore Regionale ai Trasporti Fabbris, quando sul tappeto era stato posto il prolungamento della linea ferroviaria Ponte nelle Alpi -  Calalzo: "ho l'impressione che gli amministratori cadorini siano come i galli manzoniani di Renzo Tramaglino, che a forza di beccarsi  sono  riusciti a farsi tirare il collo" (se qualcuno vuole ascoltare la registrazione di allora, fatta per Radio Cortina, deve solo chiedere). Dall'esterno oggi i cittadini hanno l'impressione che le discussioni tra i sindaci siano approdate allo stesso risultato: dopo tanto discutere e dopo aver messo sul tappeto la terza soluzione, la Regione Veneto prenderà la stessa decisione: tirerà il collo ai galli, ovvero deciderà di non fare più nulla e lascerà il Cadore in attesa di una linea ferroviaria che non sarà mai costruita perché troppo costosa da costruire, troppo onerosa per la sua gestione perché inutile. Differente sarebbe stato, invece, se il problema fosse stato affrontato senza i paraocchi del campanilismo, un  cancro che sta distruggendo il Cadore. Sono due i temi che nessuno in questi anni ha mai portato in discussione: il primo è il perdurare dell'isolamento  del Friuli Venezia Giulia nei confronti del Cadore e della Val Pusteria; il secondo è  la perdita di tempo imposta al treno e agli autobus nel percorrere due volte nello stesso viaggio il tragitto dalla stazione di Perarolo a Calalzo e viceversa. Un allungamento del viaggio di almeno mezzora tra la partenza del treno dalla stazione di Perarolo, il suo arrivo a Calalzo e poi - a parte l'attesa per la coincidenza con l'autobus della Dolomitibus-l'arrivo alla stazione delle autocorriere nel Piazzale Dolomiti di Tai, dove inizia la linea automobilistica della Valboite. Il sindaco di Cortina, durante l'incontro con l'Assessore De Berti ha affermato che a lui non interessava quale strada percorresse il treno, ma la sua esigenza era solo quella della durata  del viaggio da Venezia a Cortina. Tanto, ha aggiunto, sono sicuro che entro 10 anni la ferrovia arriverà comunque a Cortina, se non da Venezia, da Bolzano, Questo  perché quando sarà terminata la nuova linea del Brennero, i turisti in arrivo dal Nord Europa dovranno pur andare da qualche parte e Cortina sarà la meta privilegiata. Perché ogni sindaco vuole la ferrovia sotto casa? E intanto non affrontano problemi come quelli della scuola e da anni consentonio la fuga di oltre 140 studenti a Belluno?
Cosa fare, allora?  Ne parleremo in un prossimo Blog.







martedì 5 settembre 2017

PERCHE' MARIO MANFREDA HA RINUNCIATO ALLA CANDIDATURA ALLA PRESIDENZA DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

Amici amministratori,
consentitemi di iniziare questa mia lettera aperta con una nota di sano
ottimismo dettato dalla convinzione che, nonostante tutti i limiti politici e
congiunturali, la nostra Provincia può aspirare a diventare la protagonista di
un progetto ambizioso. Ne sono certo nonostante si sia fatto e si stia facendo
di tutto per svuotarla di contenuti e di risorse finanziare come fosse un inutile
centro di spesa.
Come le altre Provincie, anche quella di Belluno è stata trasformata da
Provincia elettiva ad ente di secondo grado governata dai sindaci.
Contemporaneamente le Provincie d’Italia hanno subito attacchi continui dai
poteri centrali nazionali e regionali.
Poi è arrivata la legge Delrio che riconosce una particolare attenzione alle tre
provincie interamente montane che sono tre e una è la nostra. Però agli
enunciati non sono seguiti i provvedimenti di governo per attuare quella
specificità promessa dalla legge.
Anche il nuovo Statuto della Regione Veneto, con la legge numero 25,
riconosce alla provincia di Belluno specificità e trasferimento gestionale di
funzioni.
Provvedimenti vuoti e promesse al vento sia da parte del governo centrale
che da quello regionale che, con arroganza, si sta riprendendo le deleghe di
cui ha convenienza come quella riguardante la gestione faunistica. Una
decisione che lascia attoniti e preoccupati.
C’è da dire però che nessuno ha protestato. In altri tempi saremmo scesi in
piazza per difendere quello che ritenevamo una nostra prerogativa.
Basta!
La Provincia del futuro non deve più accettare queste provocazioni. Non deve
più arrendersi alle arroganze di Venezia e di Roma.
La Provincia del futuro deve lavorare per l’unità e il referendum
sull’autonomia è senza dubbio uno strumento a cui credere e per cui lottare
Insieme dobbiamo superare l’oramai annoso rapporto di sudditanza e
subalternità con Venezia e con Roma. La nuova Provincia deve farsi carico
delle diverse situazioni in cui si vengono a trovare i Comuni del bellunese.
Solo così è possibile evitare che ogni amministratore, ogni rappresentante di
ente e di categoria, per proprio conto, si rechi dall’assessore regionale di
turno, con il cappello in mano, da suddito, a chiedere favori, concessioni,
finanziamenti, un occhio di riguardo.
Basta!
Non è più tollerabile che a Venezia e a Roma si rifiutino di capire che vivere
in quota, in pendenza, è più complesso e costoso che in pianura. E sono in
pochi a rendersi conto che la salute della pianura è direttamente
proporzionale alla salute della montagna. A questo proposito, qualche anno
fa, Mario Rigoni Stern ricordava che quando l’ultimo montanaro se ne sarà
andato, le ortiche invaderanno anche Piazza San Marco.
Il nuovo Consiglio provinciale dovrà impegnarsi in tutti i modi per far capire
questo. Altrimenti continueremo a parlare linguaggi diversi e non ci capiremo
mai.
La nuova Provincia dovrà rivolgere un’attenzione speciale allo sviluppo
armonico dei vari territori.
Oggi con lo sviluppo dell’occhialeria e la metalmeccanica il territorio
bellunese figura tra i più competitivi, con tassi di industrializzazione tra i più
alti d’Italia e con produzioni di eccellenza. E qui l’iniziativa privata va elogiata,
incoraggiata e appoggiata.
E’ nei confronti dell’agricoltura che la Provincia deve scendere in campo in
maniera decisa. Le attività del settore primario sono diventate residuali e così
il territorio è stato abbandonato e rinselvatichito. In pericolo anche i paesaggi,
quelli plasmati in millenni dai montanari. Su questo versante c’è bisogno di
una regia capace di sollecitare, progettare, cercare finanziamenti, valorizzare
le esperienze di giovani che stanno tentando di fare impresa in montagna. Se
non lo fa questo ente chi lo farà?
Collegato all’agricoltura c’è il turismo. Non possiamo dimenticare che questo
settore rappresenta la più grande opportunità per la nostra Provincia. Dolomiti
Patrimonio dell’Umanità è un riconoscimento e un marchio che non è stato
ancora messo bene a frutto. Il settore del turismo richiede un grande
progetto partecipato nella fase costitutiva e richiede un impegno collettivo
nella realizzazione. Per questo motivo a decidere le strategie turistiche della
montagna bellunese dobbiamo essere noi!
Il tema dell’energia e dell’uso sostenibile della risorsa idrica ha una rilevanza
fondamentale per lo sviluppo dei nostri territori. Per questo motivo non può
essere regolamentata e normata solo da Venezia, Roma e Bruxelles, da
attori cioè che non vivono sui territori montani dove nasce la risorsa idrica.
Questioni importanti riguardano la rifunzionalizzazione dei corsi d’acqua, i
rinnovi delle grandi concessioni e i pagamenti eco sistemici ai territori che
continuamente vengono messi in discussione dagli utilizzatori
Chi ha difeso i Comuni e la Provincia di fronte alle riduzioni dei canoni e
sovra canoni in seguito alla delibera regionale di qualche tempo fa?
La nuova Provincia deve far capire, anche con energica determinazione, che
la montagna ha diritto di decidere cosa fare delle proprie risorse e come
utilizzarle in modo sostenibile per il benessere delle comunità locali!
Altro tema riguarda la mobilità. E’ fondamentale migliorare i collegamenti
intervallivi e portare a compimento i progetti ferroviari di cui stiamo
discutendo in queste settimane.
Altra priorità è la sicurezza dei nostri territori relativamente alla difesa del
suolo. Quando la montagna si spopola e mancano i presidi umani le fragilità
idrauliche dei territori si accentuano e i costi diventano insopportabili. Cortina
Auronzo, San Vito, Borca, Santo Stefano, San Pietro, Rocca Pietore, Alpago,
Lozzo ne sono la testimonianza. Queste fragilità mettono continuamente in
discussione la sicurezza della nostra gente e anche quella di chi frequenta
per turismo le nostre località.
La nuova Provincia se ne deve occupare di più e meglio. Ma non senza soldi
e senza il personale di settore. Lo devono capire bene la Regione e lo Stato.
Per la pianura saranno importanti il Mose o la Pedemontana, per noi sono
fondamentali le difese idrogeologiche contro le frane di Borca, San Vito,
Cortina, Santo Stefano, Lozzo, Rocca Pietore, Alpago, Auronzo.
La difesa del suolo è di competenza provinciale e potrebbe esserlo anche il
Genio Civile. A due condizioni però: che la nuova Provincia riceva da Venezia
tutte le risorse necessarie e che sia la Provincia a trattare direttamente con il
Ministero dell’Ambiente e con la struttura della Protezione Civile presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere le risorse necessarie.
Se siamo speciali per la Delrio e per lo Statuto regionale, lo Stato e la
Regione devono dimostrarcelo senza titubanze, temporeggiamenti e furbate.
La nuova Provincia deve poi impegnarsi per rilanciare l’intera partita della
Formazione dei nostri giovani. Solo così si contribuirebbe ad arginare lo
spopolamento delle nostre valli. Altra partita fondamentale da giocare
riguarda i servizi socio sanitari che sono gli indispensabili presidi per le
popolazioni in montagna. E’ diventato fondamentale coordinarne con
autorevolezza la difesa e lo sviluppo per garantire alla nostra gente pari
dignità e pari opportunità rispetto alle genti della pianura.
Sono questi i temi per i quali intendevo impegnarmi quando ho preso la
decisione di mettermi a disposizione. Da sempre sostengo la necessità di un
progetto unitario per il bene di tutti i bellunesi.
Altro motivo che mi ha sollecitato a rendermi disponibile è venuto dalla
preoccupazione che il percorso intrapreso per eleggere il nuovo presidente
della Provincia con una sola candidatura non unitaria avrebbe frammentato
ulteriormente le realtà amministrative del territorio.
E poi mi ha profondamente amareggiato dover constatare che chi ha gestito
la partita lo ha fatto dimostrando arroganza dettata dalla forza dei pesi
elettorali, insensibilità e scarso senso di democrazia partecipativa.
Il tutto mi ha convinto che fosse necessario lanciare un sasso nello stagno. E
devo dire che questa mia scelta ha costretto i media e le forze politicoamministrative finalmente a parlare di Provincia. Personalmente avrei
desiderato confronti pubblici nelle varie realtà territoriali tra i candidati e i
protagonisti dell’economia e del mondo sociale. Sarebbe stata un’opportunità
da cogliere e da sfruttare. Ne ero talmente convinto che l’ho proposto
insistentemente a tutti, compreso Roberto Padrin. Nessuno ha accolto l’invito.
A questo punto mi sono reso conto che la mia candidatura contribuirebbe
soltanto a dividere ulteriormente le nostre Amministrazioni comunali tra di loro
e dentro a loro. Per questo ho deciso di ritirarla auspicando che
dall’appuntamento del 10 settembre possa sortire quel sussulto unitario che
rappresenta la sola forza in grado di difenderci e di aiutarci a guardare al
futuro con un po’ di ottimismo. Dobbiamo però esserne convinti imponendoci
un gioco di squadra. Solo così saremo protagonisti e non succubi. Solo così
avremo la forza di fare, con coraggio, le scelte giuste per la nostra gente e
solo così potremo pretendere quanto ci è dovuto come Aldo Moro ricordava
già nel lontano 1966 a Santo Stefano di Cadore” La provincia di Belluno
chiusa tra due regioni a statuto speciale va particolarmente aiutata”. Soltanto
le azioni collettive lasciano il segno nei territori e nell’animo di chi li abita.

Lozzo di Cadore 5 settembre 2017
Mario Manfreda