martedì 28 dicembre 2010
COSE BELLE E BRUTTE
"Avere tante cose belle e non farle conoscere al mondo, è come non averle." E' una massima che è sconosciuta dai cadorini, amministratori ed operatori che essi siano. Non esiste terra al mondo che unisca alle bellezze ambientali altrettante eccellenze artistiche. Eppure chi guarda dall'esterno il Cadore ha l'impressione che sia bello, sì, ambientalmente parlando, ma senza altre attrattive degne di nota. Questo succede ormai da molti anni, ma mai come oggi questo fatto è diventato grave e dannoso per la sua economia turistica. Molto dipende dagli stessi cadorini che invece di impegnare le poche risorse disponibili in pubblicità verso l'esterno, si gingillano con sagre, balli ed eventi culturali di minima portata che servono solo a far divertire gli stessi organizzatori ed i pochi turisti che ancora arrivano nelle Dolomiti Bellunesi. Nel frattempo le autorità delegate dalla popolazione è troppo presa a danneggiarsi a vicenda pur di far valere la propria opinione e la parte politica alla quale appartengono. Il territorio può aspettare. Molti sono gli esempi in questo senso: l'ultimo ancora in atto, forse il più grave, riguarda il sito ufficiale del turismo italiano www.italia.it, sul quale sia il Cadore, il Tiziano, le Dolomiti Bellunesi, sono completamente dimenticate. Se si digita "Pieve di Cadore" per una ricerca sul sito, non esce nessuna località, nè nessuna albergo. Lo stesso per quasi tutti i comuni cadorini. Pur avendo comunicato questo fatto alle amministrazioni competenti, non è successo nulla ed il Cadore è rimasto un illustre sconosciuto.
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Ciao GIGISPIA,
RispondiEliminati invito a partecipare al forum di www.nuovocadore.it
La tua testimonianza può arricchire le discussioni che ci sono riguardo i problemi che citi nel tuo articolo.
A presto,
Matteo
“La chiusura dello stabilimento di Perarolo della ditta Unterberger, afferma il sindaco Pierluigi Svaluto Ferro, è un fatto gravissimo, che mette evidenzia i danni che sta provocando il perdurare della crisi economica che ha colpito il Cadore. La chiusura di questo impianto produttivo, aggiunge, oltre a comportare la perdita dei posti di lavoro, provoca l’uscita del Veneto dal mercato di questo prodotto e la scomparsa del marchio “Speck del Cadore”. Un fatto, questo, che creerà anche una caduta d’immagine del territorio, perché in questi decenni il prodotto era riuscito anche nell’operazione di abbinare questo speck al territorio cadorino, portando un indubbio vantaggio a tutti e due. Erano molti, infatti i turisti che singolarmente oppure in comitive, deviavano dal loro percorso per passare a Perarolo per acquistare speck ed altre carni, sempre di elevata qualità. Per il Comune di Perarolo è un ulteriore impoverimento anche perché il commercio delle carni lavorate dalla ditta Untenberger comportava un movimento anche per i negozi e i locali pubblici. Sotto l’aspetto numerico il numero di posti di lavoro perduti non è elevato, anche se sempre doloroso. Fino a qualche anno fa, infatti, i dipendenti erano una decina, ma in questi anni l’attività dell’azienda era svolta prevalentemente a livello famigliare. Certamente, prosegue, le cose sarebbero andate diversamente se la collettività, avesse preso coscienza dell’importanza di questo stabilimento e dei suoi prodotti, considerati da tutti delle vere eccellenze. Viene da recriminare, conclude, perché se uno stabilimento come quello di Perarolo fosse nato in una zona più sensibile ai problemi produttivi locali, probabilmente avrebbe goduto di agevolazioni e contributi che gli avrebbero consentito di superare le difficoltà. Purtroppo oggi constatiamo la chiusura di un’azienda che è nata e si è sempre sostenuta solo con i propri mezzi. Una realtà che i fatti di questi giorni mettono in risalto, anche valutando il valore morale dell’imprenditore che oltre ad essere stato di una correttezza esemplare, è sempre stato molto generoso verso il territorio, non rifiutando mai un contributo per tutte le attività legate alla sua promozione
RispondiEliminaRingrazio Omar Monestier, direttore de il Corriere delle Alpi, per aver affrontato la questione dell’identità bellunese che è , a mio avviso, il punto al quale si deve arrivare e dal quale si deve partire se vogliamo ottenere decise forme di autogoverno del territorio che dovranno necessariamente coincidere con una altrettanto forte assunzione di responsabilità dei nostri amministratori.
RispondiEliminaRiguardo all’assetto amministrativo del territorio bellunese penso che Le comunità di valle, come quelle ipotizzate da Enrico Gaz, non possono sostituirsi alla provincia o ad altra forma di governo unitario del territorio. I Sindaci appartengono a due categorie: ci sono i poveri diavoli che amministrano i comuni piccoli con bilanci magri, così il loro potere è ridotto all’osso dal momento che la maggior pare di loro riesce a fare poco più dell’ordinaria amministrazione, sono di fatto ostaggio di Regione e Governo Nazionale.
Ci sono i Sindaci dei maggiori centri la cui elezione è frutto di trattative tra i partiti politici; questi Sindaci sono ostaggio dei partiti. Ci sono poi i Sindaci che sono liberi da vincoli eccessivi di bilancio e non hanno legami diretti con i partiti; purtroppo sono la minoranza e rischiano di essere ininfluenti nel sistema di potere locale del Bellunese.
Se trasformeremo l’ente provincia in una assemblea di Sindaci tanto vale trasferire subito il totale controllo e governo del bellunese alla regione del Veneto, cambierebbe poco…
La questione principale resta comunque quella delle risorse, perchè se è vero che riguardo agli sprechi nell’amministrazione bellunese qualche colpa l’abbiamo è vero anche che le risorse che vengono sprecate nell’ amministrazione delle altre province venete è di gran lunga maggiore che da noi. La il sistema tiene solo perchè il denaro è disponibile in misura maggiore che nel Bellunese. Se un riequilibrio delle risorse, o una perequazione come si usa chiamarla, non sarà fatto, allora significherà semplicemente che l’ingiustizia che abbiamo subito sinora diverrà una condizione permanente.
Cosa può fare allora il popolo bellunese? Un popolo che subisce senza reagire il furto continuato delle proprie risorse, un popolo che lascia ammazzare, senza rivoltarsi, duemila suoi concittadini ad opera delle finanza rapace e colonialista della pianura, un popolo che assiste senza muovere un dito alla distruzione del proprio territorio e che invece di ribellarsi collabora con l’invasore, mi chiedo cosa possa fare se non arrendersi senza condizioni oppure, se possiede ancora un briciolo di coraggio reagire con forza per riscattare l’onore in parte perduto. Se lo vuole e se è disposto a mobilitarsi esso può riprendersi l’acqua, l’energia, smettere di svendere il teritorio, riprendere il totale controllo delle sue risorse e prendere atto che il territorio dolomitico bellunese è meraviglioso e ricco e che se rischia la marginalità è solo perchè l’ignavia dei suoi abitanti è divenuta regola mentre in un momento di grande trasformazione come questo è necessario partecipare. Dobbiamo selezionare una nuova classe dirigente perché l’immobilismo e l’incapacità di quella attuale è la causa principale dei nostri guai.
Ricordate che se voi non vi interessate alla politica la politica purtroppo si interesserà sicuramente a voi, e non certo e non solo per fare del bene...
Martini Silvano
CADORE
RispondiEliminaIl Cadore continua ad essere emarginato sul web. Non solo dai portali nazionali, com’è sotto gli occhi di chi navigando sul sito ufficiale del turismo italiano, www.italia.it, cerchi Tiziano o i paesi dolomitici della provincia di Belluno, ma ora anche da quello specifico Dolomiti.org, che dovrebbe rappresentare il momento di sintesi della promozione dei territori dolomitici, se non altro per il nome del portale. E' da qualche giorno online il nuovo sito dolomiti.org. “Dolomiti Stars” e “Cortina Turismo” si sono dunque unite in un nuovo portale, tramite il consorzio Dolomiti.org, che intende rivolgersi al turista tipo del terzo millennio. Una grafica nuova, più chiara, più ampia e spaziosa. Grande spazio alle foto e a brevi descrizioni e la parte di promozione commerciale che nell’edizione precedente mancava. Sono queste alcune delle novità principali del nuovo portale turistico che promuove la conca ampezzana e l'area del Civetta. Non c'è più infatti la parte relativa al Cadore, che resta invece rintracciabile al sito di Belle Dolomiti che ben pochi conoscono, specialmente all’estero. La parte di forza del nuovo sito è sicuramente quella relativa al booking online, quella che dà la possibilità al turista di prenotare l'albergo o l'intero pacchetto vacanze comodamente da casa con il suo computer. “Il nuovo sito, ha spiegato Illing è frutto di una concertazione durata mesi, di corsi di aggiornamento e di investimenti notevoli. Ma l'obiettivo è quello di restare al passo con i tempi. Sono sempre più numerosi i turisti che prenotano on line e Cortina non poteva rinunciare a questa importante fetta di mercato.” Giusto, però il fatto che il Cadore ne sia rimasto escluso è uno scandalo nel vero senso della parola. Non per motivi campanilistici, ma sia per il nome in parte usurpato, ma anche perché il Cadore non sa ancora che fine abbiano fatto i finanziamenti che Floriano Prà, negli ultimi anni di assessorato a Venezia, aveva destinato al Centro Cadore, e che dopo varie riunioni del tavolo di lavoro appositamente messo in piedi, asua insaputa, sono scomparsi e nessuno ne ha saputo più nulla. Voci dalla provincia hanno spiegato che quei soldi sarebbero andati all’agordino per concorrere alle spese per il Giro D’Italia. Poteva starci, pensando però ad un ritorno nei tempi successivi. Il Cadore sta soffrendo come pochi altri territori la mancanza di neve e di incentivi. Il risultato quasi sempre di una mancata o errata promozione del territorio a causa di un’organizzazione turistica che in questi anni ha fatto acqua da più parti. Dunque una esclusione non giustificata anche perché i finaziamenti regionali dei quali gode il Consorzio Dolomiti, una parte sono arrivati a Belluno grazie all’esistenza di questo territorio.
Il dolore: tutti ne abbiamo affrontato le fauci. Alcuni ne sono stati dilaniati, alcuni lo hanno
RispondiEliminasfidato e tra questi non tutti hanno goduto dell’esito sperato. Chi ne è uscito vittorioso,
sempre conserva dentro di sé le cicatrici profonde del ricordo. E solo a pochi, tra questi, il
desiderio di essere testimone li incoraggia a manifestarsi.
G. stava attraversando un lungo periodo. Tutto gli sembrava contrario: lavoro, sentimenti,
salute: era entrato in un circolo vizioso di solitudini, incomprensioni, litigi, pianti,
frustrazioni, gastriti, sciatiche, bronchiti e via di questo passo.
Il dolore: la paura ci porta subito a pensare grandi drammi: cancro, morte, guerre,
schiavitù. G. invece non aveva malattie gravi, tutte cose curabilissime, ma che si
susseguivano con una continuità incalzante. L’amore era finito senza che se ne
accorgesse, il lavoro era sempre più pressante nella sua giornata, gli sembrava di essere
attorniato da invidiosi, gelosi, arrivisti, ruffiani e i giorni passavano sempre più bui.
Esiste un dolore interiore che appare negli occhi, nello sguardo di chi “non sa più chi sia”;
dal colore emaciato della pelle. Sulla faccia di chi “le ha provate tutte, ma non se ne viene
fuori”. Dai gesti, a volte a scatti, come si avesse una gran fretta di andar via, a volte lenti
come se il pensiero fosse altrove, lontanissimo.
Le giornate di G. parlavano di una vita senza calore: al lavoro sommerso da moduli,
disegni geometrici, calcoli,
penne, tastiere, carte. Il tempo libero dedicato allo
spostamento, da pendolare, dentro vagoni, a volte gelidi a volte torridi, con compagni
altrettanto anonimi e logori. A casa una rapida cena e un breve sonno, mai sereno e
ristoratore. Subito dopo ricominciava, in un continuo ciclo di 6 giorni la settimana. Infine
non sapeva di che parole e gesti riempire la domenica, vuota come il suo appartamento.
Dentro questo vagare cieco la malattia di G. ha incominciato a farsi strada, graduale,
subdola, silenziosa, ma sempre più invadente nel corpo, nella mente, nella vita. (segue su altro commento)
(seconda parte)
RispondiEliminaÉ vero che per uscire da malattie quasi incurabili ci sono cure dalle più scientifiche alle più
fantasiose, ma occorre sapere di essere malato per curarsi.
G. era convinto che la sua non fosse malattia, che ad accanirsi contro di lui fosse di volta
in volta il destino, l’umidità, la sfortuna, l’aria condizionata, il mondo, gli altri. Inoltre il
rancore di cui si nutriva, non lasciava spazio nel suo cuore per passioni di alcun tipo.
La vita, se potessimo osservarla da un punto di vista non emotivo apparirebbe un
susseguirsi frenetico e ripetitivo di gesti meccanici tesi alla bruta sopravvivenza e questo
era ormai lo stato d’animo di G.
Un giorno, uno come uno degli innumerevoli ormai tutti uguali, invece di salire sul treno
per tornare a casa G. senza pensarci, né cambiare umore, decise di infilarsi sotto le ruote,
e morì senza una parola.
G. è personaggio di fantasia, un’invenzione, per fortuna, ma quante sono quelle persone
che realmente non riescono liberarsi dalla schiavitù della sofferenza, dalla mentalizzazione
del dolore?
Mi sono chiesto in cosa consiste il successo del necessario cambiamento interiore? Qual’è
la spinta vitale che avrebbe potuto aiutare G., a convertire lo stato d’animo prostrato in
volontà di guarigione?
Se a tempo debito fosse riuscito a farsi forza, a scrollarsi di dosso il malessere, a reagire,
avrebbe potuto cercare di cambiare vita, magari rispolverando o inventandosi nuovi valori,
interessi o fedi a cui aggrapparsi e da cui ricavare energia, oppure nascondendosi dietro
rigidi paletti, indurendosi, accettando la solitudine. Se fosse stato un poco più socievole
avrebbe potuto trovare persone con cui parlare che lo avrebbero aiutato, coinvolto,
sostenuto o indirizzato a medici, in modo da cambiare l’orientamento dei pensieri,
ridimensionando il dramma interiore, affidandosi ad un’autostima congrua per imparare a
Francesco Meregalli
francesco.meregalli@libero.it
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Agli dei non far sapere quanto sei felice
tener botta alle difficoltà della vita.
Perché il dramma è soprattutto questo, e lo si impara appena venuti al mondo: la felicità,
gli stati di serenità e benessere sono così rari che sono diventati una delle aspirazioni più
agognate ed a volte fanno persino paura, perché già si anticipa il dolore prossimo quando
il bello finirà. Il proverbio cinese dice “Agli dei non far sapere quanto sei felice” perché se
dimostri la tua gioia, l’Invidia e la Gelosia e chissà quanti altri dei cattivissimi, ti sapranno
punire prontamente. Insomma sempre, il dolore, latente sotto le più diverse manifestazioni,
è pronto a ghermire. E ciò che dobbiamo imparare a coltivare è la decisione interiore:
quella marcia in più che ci spinge ad fronteggiarlo con la volontà di lotta, ma non sempre
riusciamo a trovarla dentro di noi.
FRANCESCO MEREGALLI
RISCOPRIAMO I NOSTRI TESORI
RispondiEliminaLa pittura del Carpaccio in provincia di Belluno.
Il primo lavoro del Carpaccio di cui siamo a conoscenza è proprio in Belluno, e, precisamente, nella frazione di Tisoi. Proprio qui, nella Parrocchiale, esiste, secondo quanto scrive Giuseppe Fiocco (Carpaccio, 1958), un notevole complesso pittorico, proveniente dal convento benedettino di S.Gervasio.
Il gruppo è attribuito, per tradizione, a Vittore Carpaccio, anche se, sempre il Fiocco (o.c.) ritiene che, da tale attribuzione, vadano esclusi i SS. Gervasio e Protasio, protettori del suddetto convento, insieme alle due mezze figure di S.Benedetto e S.Bernardo, poste in alto.
Ad interessarci è, invece, la parte centrale, che vede protagonista la Madonna in trono con in braccio il Bambino; ai piedi del trono, un angioletto musico, e il piccolo Battista, di spalle, in atto di mostrare il suo filatterio alla Vergine. Un’iconografia che, in parte, ritroveremo nel polittico di Pozzale, di cui scriveremo poi.
Il Fiocco (o.c.) ci fa notare, nel gruppo descritto, come Carpaccio, qui, stia passando da echi tratti da Antonello da Messina, a modi tipici, invece, dei fratelli Bellini; ad, esempio, da Giovanni, egli avrebbe tratto lo schema della Madonna.
Al contrario, tipico del Carpaccio, è l’angioletto con strumento musicale, anche se lo studioso (o.c.) vi vede un’ispirazione tratta da Alvise Vivarini, che riguarda pure il S.Giovannino.
Va detto che, nel corso degli anni, il dibattito sull’attribuzione del polittico è sempre stato molto acceso, arrivando a concludersi con un sostanziale accordo tra gli esperti della materia circa l’ascrizione dell’opera alla bottega o alla scuola.
Altro lavoro del Carpaccio in provincia di cui siamo a conoscenza è, come preannunciato, il polittico di Pozzale , frazione di Pieve di Cadore.
La vicenda dell’opera si apre nel 1519, come possiamo notare dal cartiglio che si trova ai piedi dell’angelo dipinto nella metà inferiore del dipinto. A quel tempo, secondo quanto ci racconta Michelangelo Muraro (Carpaccio, 1966), l’imperatore Massimiliano I aveva invaso tutto il Cadore, e ciò aveva indotto gli abitanti del borgo sopra Pieve a far voto alla Madonna, nonché ai Santi protettori del villaggio, implorando la liberazione: S.Rocco, patrono della Diocesi di Belluno, S.Sebastiano, che, trafitto di frecce, potrebbe rappresentare il flagello della popolazione cadorina, S.Tommaso, cui la chiesetta di Pozzale era dedicata, e S.Dionisio l’Aeropagita.
Il polittico è composto da cinque elementi: uno centrale, centinato, raffigura la Madonna con Bambino, singolarmente disteso sulle ginocchia della Madre. Ai piedi della Vergine, seduto sul secondo dei due gradini alla base del trono, un angioletto tiene in mano un arnese di ferro, che, stando ancora a Muraro (o.c.), potrebbe rappresentare i ceppi da cui l’intervento della Madonna ha liberato l’ignoto committente del dipinto, o l’intera borgata. Il polittico di Pozzale è, infatti, ancora oggi conosciuto con il nome di Madonna della Difesa.
Pagina 1 le altre seguono
Pagina 2 Carpaccio
RispondiEliminaSempre a detta del Muraro (o.c.), sarebbe proprio la presenza di S.Dionisio a fugare i dubbi sulla paternità dell’opera, da ascrivere, dunque, a Vittore Carpaccio.
Infatti, sulla montagna retrostante Pozzale, sopra la frazione di Nebbiù, esiste tuttora la chiesetta dedicata allo stesso santo, un tempo frequentata dai cadorini, e, in particolare, da chi chiedeva la grazia d’essere liberato dal mal d’orecchi.
Ai piedi dell’angioletto, in un cartiglio, compare, come già detto, la firma dell’autore: VICTOR CARPATHIVS VENETVS PINXIT MDXVIIII.
Ai lati della Madonna, le figure di S.Tommaso, e di S.Dionisio, rispettivamente a sinistra e a destra.
In alto, Carpaccio dipinse, a mezzo busto, S.Rocco, a sinistra, con il tradizionale bastone degli appestati, nell’atto di accennare un gesto di benedizione con la mano destra.
Sul lato sinistro, invece, compare la figura, sempre a mezzo busto, di S.Sebastiano, con le mani giunte in atteggiamento di preghiera.
Malgrado la firma, c’è stato anche chi, come Peter Humfrey (Carpaccio, 1991), ha parlato di “formato antiquato, di opera debole, e di qualità scadente, oltre che di gusto conservatore dei committenti”, raffreddando, magari, gli entusiasmi. Il van Marle (in L’opera completa di Vittore Carpaccio, Milano, 1967) invece, attribuisce il dipinto a Benedetto Carpaccio, uno dei figli del ben più noto Vittore.
Ma proprio le vicissitudini piuttosto rocambolesche ed un po’ sfortunate del dipinto, insieme al temperamento tenace del parroco di Pozzale per oltre un trentennio, don Antonio Pellegrini, contribuiscono, come vedremo, a tratteggiare uno scenario ricco di suggestione, e di un pizzico di mistero.
Stiamo attraversando un momento difficile, sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo sociale, ma se è vero, come diceva lo scrittore Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”, allora possiamo veramente pensare di ripartire da quel patrimonio storico ed artistico che è valso a Pieve di Cadore, nel 2004, il titolo di Città Veneta della Cultura.
Sicuramente, l’episodio che ha riportato il polittico del Carpaccio sulle bocche anche di coloro che, normalmente, non si occupano d’arte, è il tentativo di furto da esso subito nella notte tra il 14 ed il 15 ottobre del 1971.
I ladri furono intercettati a Bologna dalla Guardia di Finanza, catturati e processati.
Proprio i tempi biblici della giustizia,- i due balordi ricorsero in appello-, hanno contribuito a ritardare moltissimo la restituzione del capolavoro ai cadorini. E qui entra in scena un personaggio chiave della nostra storia: don Antonio Pellegrini, che, per un lungo periodo, fu parroco di Pozzale.
Subito dopo la cattura dei malviventi che l’avevano trafugato, il polittico fu sequestrato e dato in consegna alla pinacoteca di Bologna; poi si disse che l’opera fosse stata mandata a Venezia, per essere ricucita, e per altri restauri. Il parroco cominciò a preoccuparsi, e così, nel dicembre 1973, scese nel capoluogo regionale, nella speranza di saperne di più. Purtroppo, non ottenne le risposte che attendeva.
Pagina 3 Carpaccio
RispondiEliminaLa verità è che l’opera era ancora sotto sequestro a Bologna, come si potè sapere il 12 gennaio 1975, dopo lunga inchiesta. Don Antonio Pellegrini chiese aiuti in tutte le direzioni, tanto alle autorità religiose, quanto a quelle politiche e civili, ricevendo, puntualmente, rassicurazioni, ma nessuna di queste rassicurazioni sembrava tradursi in un’azione concreta.
C’è da dire, poi, che il polittico era già stato mandato a Venezia nel 1917, per metterlo al sicuro contro eventualità dovute all’invasione austriaca; qui giunse privo della preziosa cornice originaria di legno scolpito e dorato.Tale cornice metteva in risalto i pregi notevoli del dipinto, oltre a costituire, essa stessa, valore aggiunto. Non si sa come sia stata manomessa, ma, quando l’opera tornò a Pozzale, la cornice originale non c’era più.
Interessante risulta seguire le vicende della cornice attraverso le parole di don Antonio Pellegrini, il quale, in un articolo apparso sul numero 3, marzo 1995 de Il Cadore, si domanda se la preziosa cornice fosse partita nella notte tra 4 e 5 novembre 1917 insieme alla tela, o in un imballaggio a parte verso Padova o altra destinazione. Attingendo, poi, ad una relazione di Antonio Moschetti (Venezia, 1932), continua scrivendo che la tela, successivamente tornata a Pozzale, venne collocata in una grezza cornice di abete, finita nella cantina del campanile della chiesa, e ivi rimasta fino agli anni ’50. A detta di don Antonio, però, la cornice sarebbe rimasta sempre a Pozzale, per concludere la sua vicenda nella soffitta della sacrestia.
Infine, il prelato racconta di averne casualmente reperito tre pezzi, all’epoca del furto della tela, nel 1971, e di averli lasciati, come reperto di storia locale, sopra la libreria, nell’ufficio della Canonica di Pozzale.
E oggi, dove si trovano questi frammenti?
Ci auguriamo che a questa, come a tutte le altre domande che il polittico del Carpaccio suscita, qualche esperto della materia dia presto le risposte giuste, come il Cadore merita.
Gruppo Volontari Biblioteca Civica Pieve di Cadore
Patrizia Alverà : Laureanda in Lettere
Pierluigi Gatti : Cultore della materia
Lo strapotere della politica, anche locale, non ha fine: lo Stadio Polifunzionale di Pieve di Cadore non è ancora stato inaugurato, che già gli interessi della politica si appuntano su di esso per poterne fare un centro di potere. Lunedì nella sala pubblica Coletti di Tai, il sindaco di Pieve di Cadore uscente e l'assessore Sommacal hanno organizzato un incontro con un gruppo di associazioni ed organizzazioni economico - sportive per costituire un Comitato per la gestione dell'impianto nei mesi senza ghiaccio. E' già pronta una bozza di statuto del Comitato che dovrebbe essere approvato in quell'occasione. Tre obiezioni: a- il sindaco per la gestione della struttura aveva lanciato l'idea di fondare una polistortiva che si assummesse la gestione anche degli altri impianti, come il Tennis, la Piscina, lo Stadio del Calcio, la Pista di Fondo di Pozzale, il palazzo del Cosmo;
RispondiEliminab- perché è stata fondata la Pro Loco, se si vuole fondare un altro comitato, quando dovrebbe essere questa associazione a gestirlo? Questa gestione non spetterebbe alla Pro Loco? C- Lo statuto del Comitato prevede che per la sua sopravvivenza sia lasciata ad esso una parte degli introiti. Commento: se questo Comitato fa debiti, chi li paga? E dove sono i posti di lavoro che l'investimento fatto per lo Stadio dovrebbe creare? Infine, perché non sono state chiamate anche le altre associazioni e le altre società sportive?
Luigi Chiamulera
E' sperabile che lo Stadio Polifunzionale di Pieve di Cadore (il nuovo palazzo del ghiaccio coperto) generi contraddizioni e dibattito nel tessuto sociale di Pieve e di tutto il Centro Cadore. Strutture di questo tipo, che possono generare virtuosi meccanismi economici ed anche lustro e visibilità, devono suscitare confronto nelle parti sociali, purché questo non rimanga vano brusio.
EliminaCredo che la prima problematica da affrontare sia quella economica, i costi di gestione e manutenzione e la scommessa se la struttura sia in grado di autofinanziarsi.
La seconda riflessione è sulla destinazione, una struttura così bella deve porsi obiettivi ambiziosi, slegarsi dal localismo, accogliendo o collegandosi ad iniziative che riguardino tutto il Centro Cadore (sono un convinto assertore che la ripresa cadorina debba essere veicolata attraverso l'integrazione della ricchezza ambientale, culturale, logistica disponibile sotto i campanili).
La terza, quella gestionale: concordo sul fatto che un comitato la gestisca. Non è uno scherzo mandare avanti una struttura di quella portata (sempre che se ne voglia fare un polo rilevante, non una semplice tettoia per feste e bevute) che potrebbe essere di volta in volta centro di attività sportive, culturali e ricreative. Questo comitato dovrebbe essere composto da solidi compagini economiche private (aziende, banche e assicurazioni) per far fronte alle spese, enti ed istituzioni pubbliche (provincia o quello che rimarrà, comuni, comunità montana) che conducano la partecipazione intercomunale nella gestione del sito, e rappresentanti di associazioni che desiderino attivarsi nelle iniziative da svolgere.
Propongo anche un comitato etico, a lato di quello gestionale (non per controllo burocratico e politico) ma per una supervisione sulle iniziative in calendario e l'attenzione alle entrate ed uscite.
francesco.meregalli@libero.it
Facebook Francesco Mere
Nessuna mediazione, nessuna lampada di Aladino. Adesso Laggio di Cadore è costretto suo malgrado a cullarsi sui ricordi. Dopo aver camminato sulla lama del rasoio, sugli effetti di una congiuntura economica che l'ha pesantemente penalizzata, la pompa di benzina (e di gasolio) di Borgo Chiare ha esurito anche l'ultima scorta di carburante, chiudendo definitivamente i battenti. "Tagliata", cancellata e distanza di più di mezzo secolo dal suo avviamento, con la prima goccia di combustibile erogata nel discosto 1957. La sua sopravvivenza era legata ad una teoria di componenti del tutto simili ad un puzzle: malauguratamente nemmeno un paio di pezzi cardine si sono assemblati. Nessun supporto è disceso dal destino (vedasi istituzioni) che vorse avrebbe potuto mutare il vento, ma il vero scoglio sul tappeto è risultata la richiesta di un radicale "restyling" impiantistico, con l'integrazione di un self service. Considerando i costi dell'opera (non lievi) ed il fatto, non marginale che i consumi ultimamente si sono alleggeriti, il ...palco è crollato. E buonanotte ai suonatori. Quasi un venerdì 13 per Laggio e dintorni. Asserzione enfatica? Mica tanto. Con il distributore, infatti, ha subito un'"operazione chirurgica" inoltre l'attigua officina "centro di gravità premanente" (copryght Franco Battiato) della plaga dell'Oltrepiave, messa in piedi tra il 1958 e '59 da Arrigo De Martin che, successivamente per tenere acceso il focolare della tradizione, l'ha demandata ai figli Nino e Corrado. Due infrastrutture che nel tempo hanno conferito slancio, impreziosendolo, ad un mileu che sino a qualche periodo fa lanciava diverse fiches sulla roulette del turismo ed ora - non occorre essere oracoli per preconizzarlo- finirà per risentire tangibilmente di questa nuova emorragia di supporto. Riavvolgendo il nastro "Nino" De Martin, quasi si commuove. "Ricordo - confida - i primi tempi in cui aprimmo l'officina. Un'epoca durissima per sbarcare il lunario. Non c'erano soldi e se andava bene si lavorava su su quattro -cinque auto la settimana. Abbiamo tenuto duro e pian piano siamo decollati accaparrandoci una buona clientela. Abbiamo auto l'onore di accolgiere personaggi di ogni ceto sociale: magistrati, avvocati, giornalisti e via dicendo. Ricordo che una volta ha fatto tappa quì il presidente dell'IVECO di Torino. E' stata una soddisfazione immensa, così come ci hanno inorgoglito i due riconoscimenti a livello nazionale conferitici dalla Lancia nel 1986 e '89". Dunque un pezzo di storia di Laggio va in soffitta. Ma era veramente impossibile esorcizzare il "de profundis"? "Ho provato a cedere l'officina in affitto, ma tutto si è rivelato inutile. Anche per la palla al piede rappresentata dai parametri legislativi: se non ti adegui alle nuove norme l'attività ti è preclusa. Mi dispice molto per la nostra comunità: tanta gente era affezzionata a noi". GIUSEPPE DA SACCO
RispondiEliminaIn cordata, verso l’Abisso.
RispondiEliminaDa tempo ormai in Europa Unita o meglio i potentati economici europei stanno spingendo in Grecia la situazione oltre ogni limite. La reazione del Popolo Greco finora, è stata ed è abbastanza contenuta, malgrado qualche eccesso stile Black Block. Ci sono dei precedenti: Alla fine della prima guerra mondiale, l’ intransigenza dei vincitori causò una situazione insostenibile in Germania, e quella crisi spaventosa fu all’ origine della dittatura Nazista, con la presa del potere da parte di Hitler e dei suoi scherani. Similmente, ora la pressione e l’ intransigenza europee spingono verso l’ Abisso la Grecia. Noi Europei siamo a domandarci quali saranno le conseguenze, nel caso la Grecia non riesca a superare la prova cui è sottoposta. Nell’ Unione Europea i vari Stati sono tra loro interdipendenti e il “default” di uno, tira giù tutti gli altri Stati nell’ Abisso. Il pericolo quindi è di vedere la costruzione Europea sgretolarsi.Questo sarebbe la fine del sogno Europeo, con tutte le conseguenze economiche e politiche a livello planetario.Per cominciare l’ Euro, la moneta unica Europea, finirebbe di esistere. Si dovrà ritornare alle valute dei singoli Stati, il Marco per la Germania, il Franco per la Francia, la Dracma per la Grecia, la Lira per l’ Italia e così via. Non sarà una bella cosa: Sarebbero delle monete già svalutate in partenza, avrebbero un prestigio ridotto, sia rispetto all’ Euro, sia rispetto al Dollaro, allo Yen e a tutte le altre monete in ambito internazionale. Questo darà luogo ad una crisi economica e finanziaria permanenti. Una situazione da tempo di guerra, con miseria diffusa. smf
segue su altro commento
SECONDA PARTE
RispondiEliminaTemo che l’ esistenza stessa dell’ Europa, come entità economica e sociale cesserebbe di esistere. Risorgerebbero le passate rivalità ed egoismi.
Le probabilità dello scatenarsi di guerre tra le Nazioni Europee, come nel non lontano passato, non può essere esclusa. Uno degli elementi costituenti un potenziale pericolo con la loro attività di ricerca studio e valutazione sono le varie Agenzie di Rating (Standard & Poor’s, Fitch, Moody’s ed altre). La loro quotazione della capacità economica e finanziaria si è estesa dalle grandi Corporates e dalle banche di rilievo internazionale, fino alla valutazione di Stati ed insiemi di Stati, quali l’ Unione Europea. Inutile aggiungere quanto il mondo degli affari e la finanza internazionale siano attenti e sensibili al rating che venga di volta in volta assegnato alle grandi imprese del mondo capitalistico e financo agli Stati. Il caso delle Grecia (ma non solo) è esemplare. Come ci siamo ben resi conto la Grecia è stata per lungo tempo un bersaglio favorito delle attenzioni di queste Agenzie di Rating, con la conseguenza di acuire le sue difficoltà economiche e di aumentare il rischio di “fallimento” di quest’ ultima. Non che quello delle agenzie di rating sia l’ unico elemento di valutazione, ma certamente uno dei più attentamente seguiti e uno dei più importanti.Quello che deve preoccupare, in caso di “default” della Grecia, (oltre al mantenimento del suo ordine interno) è l’ effetto a cascata di numerosi altri Paesi Membri dell’ Unione Europea a soprattutto di Eurolandia ( l’insieme dei Paesi che hanno adottato L’ Euro come loro valuta, tra cui l Italia, altro Paese a rischio secondo gli standard delle Agenzie di rating) a causa del quale i contraccolpi di quanto avvenisse in Grecia si ripercuoterebbero nell’ Unione stessa e nei suoi singoli componenti. A rischio default oltre la già citata Italia, ci sono Portogallo, Spagna, Irlanda, Islanda e pure la Francia, che seppure meno esposta, potrebbe finire per essere trascinata anche lei nell’ Abisso. - La paziente costruzione dell’ Edificio Europeo ( la casa comune) finirebbe per smembrarsi e crollare, con le fatali conseguenze del caso. I Presidenti ed i manager di queste Agenzie di rating, come pure dei vari istituti internazionali: Fondo Mondiale, Banca Mondiale ed altri, cessino di emettere le loro valutazioni e/o opinioni con la disinvoltura che li contraddistingue, Svolgano il loro monitoraggio con prudenza, sensibilità e attenzione. Per l’ Europa si profila un’ alternativa o trarrà insegnamento da questa crisi e troverà la via per una rinnovata unità di intenti, volti all’ unificazione politica o di lei resterà soltanto un’ espressione geografica. SFM
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RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
RispondiElimina“No! Ad un nuovo comitato per la gestione delle manifestazioni allo stadio polifunzionale di Manzago nel periodo senza ghiaccio. Esiste già la Pro Loco Tiziano!” Lo afferma il consigliere Osvaldo De Lorenzo, in un intervento dettagliato, contestando la decisione del sindaco di Pieve e dell’assessore Sommacal di far nascere un comitato apposito. “Sia nell’approvazione del finanziamento necessario per avviare i lavori di copertura della stadio polifunzionale, comportante un notevole aumento di spesa, in consiglio, pur essendo di minoranza, ho votato a favore. Questo è stato sufficente per farmi rimproverare da cittadini, che sostengono io abbia avvallato un futuro possibile continuo “buco” nel bilancio comunale. Motivo la decisione presa ricordando che da oltre 20 anni fiumi di denaro sono corsi sia in superficie che sotto terra, per questa struttura. Quindi era impensabile lasciare dei lavori a metà, utilizzandola solo per il pattinaggio d’inverno. Questo lo avevo anche ribadito in consiglio comunale, in fase dell’approvazione del bilancio preventivo 2012. In quell’occasione avevo sottolineato il rammarico per non aver visto, contemporaneamente alla ripresa dei lavori, l’inizio di una fase ricognitiva per la valutazione delle spese di gestione e di manutenzione ordinaria. Operazione necessaria per valutare a chi dare in gestione l’intero complesso. Avevo anche suggerito, che probabilmente sarebbe stato meglio affidarlo ad una grossa società esperta in queste gestioni esistenti nelle città, o almeno lavorare in simbiosi con loro. Solo così credo sia possibile garantire un ritorno economico in grado di sostenere tali costi o, quanto meno, ridurli. Vedendo ora che l’amministrazione comunale ha partorito uno statuto per la costituzione di un nascente “Comitato Organizzativo per la gestione degli eventi del Polifunzionale di Tai di Cadore”, mi sono allarmato: ma come, qui ci si preoccupa di dar il via ad un ennesimo organismo che dovrebbe dare garanzia di riempire di “eventi” il nuovo complesso e nemmeno ci si pone la domanda: quali saranno i costi? Secondo me ci deve essere una distinzione delle cose: da una parte gli eventi che si faranno e per questo non c’era che rivolgersi alla Pro-Loco. Un’associazione che l’attuale amministrazione ha fatto nascere con gran volontà e investendo denaro. Un’operazione secondo il mio punto di vista razionale e valida. Ricordo che il suo scopo è quello di coordinare tutte le varie società ed associazioni che ci sono nel nostro comune che, si dice, siano vicine al centinaio. Il “fare gli eventi” finora il più delle volte ha dato vita ad attività che per la maggiore hanno dato gioia, soddisfazione ed appagamento a noi indigeni, ma che nel contesto ovviamente non hanno potuto essere una risorsa economica per le casse comunali e ciò indipendentemente che abbiano contribuito a far circolare denaro per le vare attività commerciali. Dall’altra è l’analisi di costi, di ricavi, di conduzione del complesso, della ricerca di chi o cosa possa dare discreta garanzia per magari provata esperienza. Cioè tutta una sostanza che ha a che fare più con il bilancio municipale che con le varie manifestazioni.
Ecco quindi che quest’iniziativa la vedo inutile, dispersiva e ben poco legata col problema oggettivo. Strano è anche l’elenco dei destinatari che, apparentemente dovrebbe rispecchiare l’intera collettività comunale, visto che i denari spesi e che si spenderanno provengono e proverranno dalla tasche dei cittadini di tutte e 5 le frazioni. In realtà l’elenco rappresenta solo una piccola parte di coloro che effettivamente un domani dovrebbero fare il “pienone” dello Stadio Polifunzionale. Trovo inoltre molto fuori luogo, per grave disparità di trattamento, l’invito a: “Cadore eventi”, che a ben riflettere può sembrare in antitesi con la stessa Pro-Loco Tiziano.
Osvaldo De Lorenzo
Salviamo i nostri marò
RispondiEliminaIl fermo dei nostri ragazzi in missione anti-pirateria da parte delle autorità indiane a mio parere è una cosa scandalosa. Solo l'attenzione nazionale ed internazionale e l'intervento del nostro rappresentante (il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura) ha riportato le indagini ad una parvenza di garantismo, superando la gestione precedente, improvvisata e montata all'interno della campagna politica nazionalista per le prossime elezioni indiane. Questi ragazzi sono soldati italiani che hanno lavorato per difendere la legalita' in acque internazionali e rischiato la vita e devono essere trattati da soldati, con tutto il rispetto dei soldati.
E partita in tutta Italia una campagna di solidarietà assolutamente bipartisan, non di partito, per far sentire al maresciallo Latorre e al sergente Girone e ai loro familiari la vicinanza e la solidarieta' dell'intera comunita' nazionale. Ogni ente od istituzione è invitato ad esporre sugli edifici pubblici le foto dei due maro' arrestati in India per chiederne il riavvicinamento alla famiglia ed un giudizio corretto in base alla legge italiana.
Tra le adesioni si segnalano quelle dei Comuni di Roma, Catania, Pescara, Ragusa, Imperia, Trapani, Ascoli Piceno, Chieti, Viterbo, Sassuolo, Voghera e Tivoli; le Province di Milano, Catania, Salerno, Viterbo, Monza e Brianza, Catanzaro e Lecco; le Regioni Lazio, Calabria, Veneto e Lombardia ed altre ne stanno arrivando.
Il Cadore con la sua storia, l'amore e la partecipazione alla vita delle nostre Forze Armate (anche con una lunga tradizione di ospitalità) deve mostrare la necessaria solidarieta' verso due nostri connazionali, che rischiano la vita per un'azione durante lo svolgimento di un'attivita' autorizzata, non solo dal Parlamento italiano, ma anche della Nato.
Il segnale che l'opinione pubblica e' vicina e solidale puo' servire a salvare la vita di due italiani e con queste finalita' propongo volentieri questa iniziativa''.
25 febb ladini
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
Francesca Larese Filon di Lozzo è stata confernata alla presidenza dell’Union Ladina del Cadore de Medo, riunitasi venerdì in assemblea nella sala consigliare della Magnifica Comunità di Cadore per il rinnovo delle cariche sociali e l’approvazione del bilancio annuale del sodalizio. Alla vicepresidenza è rimasto Adeodato Piazza Nicolai ed alla segreteria Rossella De Diana. Come consiglieri sono stati confermati Cinzia Vecellio, Giancarlo Pagogna, Andrea Da Cortà e Bianca Giacobbi. Nel collegio dei revisori dei conti fugurano Maria Giuditta Coffen e Mario Bonazzola. E’ stata un’assemblea importante, quella di venerdì, sia perché era presente per la prima volta il direttore dell’Istituto Ladin d la Dolomites, Ernesto Majoni, che per l’importanza degli argomenti affrontati. In apertura dei lavori, Francesca Larese, presidente uscente, ha presentato un dettagliato resoconto sull’attività svolta nel corso del 2011. Tra queste quale primeggiano le attività in appoggio alle istituzioni scolastiche locali, compresi alcuni contributi importanti per varie pubblicazioni dei ragazzi e il supporto all’istituto comprensivo di Auronzo, per la continua che i suoi studenti fanno nel corso dell’anno al sito internet dell’associazione. Un’altra importante attività editorale è stata la stampa del libro “Venago” la storia quotidiana di una segheria sulla Piave. Un volume che in chiusura dell’assemblea è stato presentato dal suo autore Roberto Tabacchi. Una volta approvati senza problemi relazione e bilancio, l’assemblea ha provveduto a rinnovare le cariche sociali, confermando in blocco la gestione precedente. Tra le proposte per le attività da attuare nel corso del 2012, è stato confermato l’impegno di arrivare alla realizzazione di un “costume ladino tipo”, da identificare attraverso la consultazione delle pubblicazioni storiche sui costumi esistenti nelle biblioteche ed all’istituto di Borca. E’ stato anche confermata l’idea di convolgeren in questo studio l’Istituto d’Arte di Cortina, indicendo un concorso apposito. Poiché uno dei problemi dell’Union ladina è risultato lo scarso proselitismo, è stata posta allo studio una importante manifestazione legata alla cucina ladina che dovrebbe essere realizzata entro il 2012.
27 febb Vedorcia secondo Osvaldo
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
Sulla querelle relativa alle baite di Vedorcia, che è appena stata risolta dal consiglio comunale di Pieve, nella seduta di giovedì, con il solo voto della maggioranza, interviene con alcune sue considerazioni, il consigliere di minoranza Osvaldo De Lorenzo. Partendo dal presupposto che con la soluzione trovata dal consiglio, la questione baite di Vedorcia sembra conclusa e ciò è un bene per il comune, con il suo intervento mette in risalto alcuni comportamenti che secondo la sua opinione non sarebbero corretti. “In questa vicenda, scrive De Lorenzo, è necessario scindere la questione in due aspetti: uno relativo agli edificatori degli edifici: persone da stimare per il loro impegno, volontà e tenacia nel portare avanti un duro lavoro e pieno di difficoltà logistiche; l’altro che definirei di “equità” nei confronti di tutti i cittadini. Facciamo una considerazione, aggiunge: se un cittadino qualunque, proprietario di terreno in montagna, avesse voluto farsi una “baita”, con grandissima probabilità si sarebbe scatenato un finimondo per l’assenza di permessi, licenze, ecc., pervenendo, molto probabilmente, ad una segnalazione d’abuso. Da questa sarebbe derivato l’ordine di demolizione, con relativo fiume di denaro speso inutilmente. Qui invece, aggiunge, cittadini qualunqui, hanno scelto di scegliesi il luogo, di tracciare strade, erigere edifici che molto spesso non hanno le caratteristiche previste dai regolamenti comunali, tutto ciò su terreni di “tutti”. C’è persino chi ha eretto recinzioni e chi diffida i gitanti dal passare troppo vicino ai “loro” possedimenti. Ovviamente ad essi, considerati frontisti, é concesso il permesso di circolare motorizzati su strade silvo-pastorali, mentre gli altri vanno “a piedi”. Mi chiedo: è forse giusto ciò? E poi, prosegue, l’inizio di tutto questo è avvenuto tra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ’70. Com’è possibile oggi avere il coraggio di dire: lasciamo stare il passato e sistemiamo le cose da adesso in poi? Perché una persona che per 40 anni ha fatto ciò che ha voluto, e si è anche arroccata il diritto di non pagare quel misero affitto pattuito, adesso tira in campo le spese sostenute? Ma anche il fisco ammette l’ammortamento di un edifico in 30 anni. In questo caso 40 non sono bastati? Infine, quando si sostiene, come giustificazione, che queste persone hanno nel contesto generale “salvaguardato il territorio”, posizione sostenuta dalla Regione Veneto, si ha un’ulteriore dimostrazione di come “l’uomo di mare”, (gli uffici veneziani), ha la saccenteria di voler insegnare a vivere all “uomo del monte”.
OSVALDO DE LORENZO
PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaSi chiamano Eliane Glan e Christel Selbig, le due ospiti germaniche di Pirmasens, che venerdì sera sono state premiate come ospiti fedeli dal sindaco di Pieve di Cadore, Maria Antonia Ciotti e dal presidente della Fondazione Centro Studi Tizianeschi, Maria Giovanna Coletti. “Ad ognuna di loro è stato consegnata una copia del volume di Alessandra Cusinato L’arte del Cadore al tempo di Tiziano.“Queste due signore, ha spiegato Antonio Chiamulera, che le ha presentate al pubblico che affollava la sala delle conferenze della Regola di Nebbiù, da oltre 20 anni trascorrono almeno due settimane sulle piste ampezzane e cadorine. Facendo i conti, hanno passato a Nebbiù circa un anno della loro vita”. Per questo, e per rinsaldare gli storici legami tra il Cadore e la città di Pirmasens, in Germania, che durano ormai da oltre 40 anni, il sindaco e la presidente della Fondazione tizianesca hanno deciso di consegnare alle due ospiti, un premio per la loro fedeltà al Cadore ed alle Dolomiti. ”Sono felice di consegnare loro questo riconoscimento, ha spiegato il sindaco, perché è ciò che il nostro territorio ha bisogno: stabilire contatti duraturi con gli altri popoli d’Europa, ed in particolare con la Germania, con la quale abbiamo stabili rapporti fin dal 1800 e dove si trovano per lavoro molti nostri connazionali. Ringrazio perciò le due ospiti per la preferenza accordata al Cadore ed auguro loro di venire a Nebbiù ancora per molti anni.” La presidente della Fondazione Tizianesca, da canto suo, ha ricordato i legami storico artistici tra Pieve e il Nord Europa, particolarmente forti nel periodo di Tiziano ed attualmente con il movimento turistico legato ai rifugi ed ai percorso di alta montagna.”
28 febb Bassani
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
Nuovo, grande successo, per i maestri Mansueta Mognol e Giacomo Bassani, già campioni del mondo professionisti, che domenica scorsa hanno nuovamente vinto il titolo al “Campionato Italiano Professionisti IDC- ANMB”, tenutosi a Firenze durante la 4 giorni di “Danza in Fiera”. E’, questa, un'importante manifestazione che si svolge annualmente nella città toscana e che vede i numerosi ballerini partecipanti vivere svariate esperienze: dalle competizioni, agli stages, ai
laboratori specifici di ogni diciplina legata al ballo. In questo contesto i
Maestri Bassani hanno gareggiato e vinto la medaglia d'oro, motivo di orgoglio per
tutta la scuola bellunese, Roland'S And Sissy. La gara si è svolta nella sola domenica 26. In quella giornata si sono sfidati solo i ballerini professionisti, ossia i maestri di ballo iscritti alla'Associazione Nazionale Maestri di Ballo provenienti da tutta Italia. I maestri Mansueta Mognol e Giacomo Bassani, già in possesso del titolo di Campioni del Mondo 2011 domenica hanno confermato anche il titolo italiano nel ballo “Liscio Unificato Professionisti”, che già avevano vinto l’anno precedente, arrivando primi assoluti sulle 8 coppie presenti nella loro categoria. “Per noi, hanno affermato i campioni al termine della competizione, era importantissimo riconfermare il titolo italiano, nonostante avessimo in portafoglio il titolo mondiale. La vittoria è stata importante perché è un premio alla nostra costanza ed al proficuo studio che ci contraddistingue”. In realtà sia Mansueta che Giacomo Bassani frequentano costantemente dei corsi di aggiornamento, l'ultimo dei quali a Roma. “Per essere sempre aggiornati, racconta Sara Mezzomo, un’altra ballerina che li ha accompagnati, si allenano sempre, a volte soli, a volte con i loro maestri di Padova, a volte con me e con il loro figlio Jeremy. Anche per i figli e per me che seguo gli allenamenti, è stata una grande emozione. Tanto più che il percorso non era facile perchè anche le altre coppie sono composte da validi professionisti. Ora siamo felici perché il titolo è tornato ancora una volta a Pieve di Cadore e di questo ne andiamo davvero fieri, anche per il Veneto che rappresentiamo e per l'Italia che troppo spesso non valorizza sport affascinanti come questo.”
Ma un pesce morto per mancanza di acqua è meno importante di un cane abbandonato sull'autostrada? La melma grigio nocciolina che si vede dalle nostre finestre è meno importante di una discarica a cielo aperto? La qualità della vita del Centro Cadore è meno importante di quella di qualunque altra città italiana?
RispondiEliminaFrancamente sono rimasto allibito, prima da quanto è successo e tutt'ora dalle scarse reazioni che ho notato.
Mi sono posto alcune domande, alle quali però né mi aspetto né voglio risposte, perchè comunque non ci sono scusanti per un tale orrore.
1) Come si è potuto arrivare ad un dramma ecologico/ambientale di questa portata senza che nessuno abbia cercato di interrompere lo scolo dell'acqua prima che si compisse il disastro?
2) Perchè nessuno (e non faccio facili elenchi) ha pensato che una mobilitazione civica, sui bordi del lago a secco, potesse essere una risposta significativa di sdegno popolare?
3) Com'è possibile che gente, amante della propria terra e delle proprie radici tolleri uno scempio del genere?
Apprezzo la tranquillità, il rispetto civico, l'aplomb delle genti cadorine mi sarei aspettato però una più evidente espressione di sdegno popolare, soprattutto in senso quantitativo. Quello che si intravvede sono pochissime iniziative di ricerca legale e di sdegno. Come se fossimo abituati a ben di peggio o come se la cosa riguarda gli amministratori, i pescatori, i turisti e che ci lavora intorno.
Personalmente, per ciò che è accaduto, non mi sentirò soddisfatto, nè mi toccheranno i rimborsi economici, il ripopolamento ittico e le scuse che arriveranno a suo tempo, dopo gli eventuali corsi e ricorsi giuridici. Né dopo che le prossime piogge ricolmeranno il lago.
Mi rendo conto che l'intransigenza quasi sempre porta a niente, ma il ricordo di quei quintali di pesce grigio morti d'asfisia, la pozza fangosa, il disinteresse diffuso, saranno un brutto ricordo per lungo tempo.
Le conclusioni di De Carlo “che solo UNITI possiamo portare a casa qualche risultato” mi trovano concorde (perchè sono sempre stato convinto che il Centro Cadore dovrebbe fare corpo unico, ma d'altra parte io son foresto ...) non per il turismo però, prima di tutto per il rispetto di noi stessi, che il lago lo vediamo tutti i giorni ogni volta che ci affacciamo alle finestre.
Un momento di incontro, della gente che ha a cuore il problema, intorno al lago, fisicamente e non per metafora (approfittando del tempo soleggiato, in un luogo dove i campanili non facciano ombra), potrebbe far evolvere positivamente il triste evento e farci sentire tutti partecipi al problema ed alla sua soluzione. Un momento per l'approfondimento della questione e per fare gruppo stabile oltre le contingenze e prendere le dovute iniziative, ad esempio:
affrontare la questione dal punto di vista legale,
controllare il livello delle acque nel futuro,
avvisare se le acque scendono troppo,
impedire che le acque scendano troppo con la seguente moria della fauna ittica e la sostituzione del verde smeraldo del lago con il grigio nocciola del fango secco.
Ma chi è in grado di fare ciò? Potrebbe essere l'occasione per il BARD di fare movimento, potrebbero essere le autorità dei Comuni rivieraschi, i Pescatori, chi altro?
Qualcuno ci metta la faccia.
Posted on 09/04/2012 by Silvano Martini
RispondiEliminaMolti sono caduti nel tranello teso da “Il Gazzettino” che, nel dar conto della visita del BARD a Bolzano, ha colto al volo una dichiarazione di Durnwalder, che conferma una sua posizione, nota da tempo, per massacrare le istanze autonomiste del Bellunese.
Il BARD non è andato a Bolzano per elemosinare concessioni e abbiamo spiegato bene il senso della visita e dell’attività del movimento.
Sappiamo altrettanto bene che non è Durnwalder il problema del bellunese, casomai è proprio dal Veneto che viene il pericolo, che misuriamo tutti i giorni quando ci confrontiamo con la realtà della nostra provincia, priva di politiche e governo adeguati alla sua particolare condizione di territorio interamente montano, disgraziatamente inserito in una regione, il Veneto, che in montagna viene solo a prendere.
Spettatori stupefatti di questa situazione ci chiediamo fino a quando il cittadino bellunese continuerà a credere che qualcosa di buono possa venire dalla bassa che non sia colonialismo rapace e sfruttamento irresponsabile della nostra terra e furto sistematico delle nostre risorse, delle quali nulla resta al bellunese.
Di fronte al saccheggio sistematico del territorio bellunese i rappresentanti politici di tutti i partiti simulano una preoccupazione e un impegno che non trova riscontri pratici e quando al bellunese spettano pochi denari, ogni giorno di meno, essi ne danno notizia gongolando sui giornali come se quel poco che arriva, fosse merito loro.
Ogni cittadino di questa provincia, quale che sia il suo orientamento politico, deve sentire l’urgenza di sbarazzarsi di un sistema di rappresentanza poltica che non risponde ai bisogni del nostro territorio.
Ogni cittadino di questa provincia deve impegnarsi perchè il territorio bellunese ottenga al più presto l’Autonomia che merita. È intollerabile che un territorio ricco di risorse, una produzione idroelettrica che passa il miliardo di euro, un ambiente riconosciuto tra i più belli al mondo stia morendo nell’indifferenza della poltica nazionale composta, come scrive il direttore di “Famiglia Cristiana” sul numero di questa settimana, da “tribù che saccheggiano il paese”.
Serve un soprassalto d’orgoglio e di dignità da parte di ogni bellunese che voglia dirsi ancora cittadino di questo territorio.
SILVANO MARTINI
“LA CULTURA PROTAGONISTA DELLA VAL D’ANSIEI”
RispondiEliminaPARTE I
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Auronzo, guidato da Tatiana Pais Becher, riassume con soddisfazione l’attività svolta in questo quinquennio 2007-2012 evidenziando la programmazione culturale variegata e di altissima qualità che ha coinvolto e interessato i cittadini auronzani, dai bambini delle scuole al pubblico adulto, e i turisti.
L’inaugurazione, nel 2008, del Museo di Palazzo Corte Metto, con le sue tre sezioni naturalistica, archeologica e mineralogica, ha rappresentato la grande novità e attrazione culturale per grandi e piccini, raggiungendo il record di 7,000 visitatori in soli tre mesi, durante il primo anno di apertura.
Il Cadore Arts Festival, rassegna ideata con l’obiettivo di creare una vetrina per valorizzare i talenti locali, ha coinvolto in questi anni alcune centinaia di artisti cadorini che operano nel campo della musica, teatro, arte e letteratura, divenendo un momento di aggregazione importantissimo per gli artisti dell’Alto Bellunese.
La rassegna teatrale Auronzo di Scena, curata dal TIB Teatro, ha portato ad Auronzo artisti noti al pubblico nazionale, come Jacopo Fo, Marco Baliani, Eugenio Allegri, Lella Costa, Ottavia Piccolo, Maddalena Crippa, privilegiando l’educazione al teatro dei ragazzi delle scuole, dalla materna alla secondaria. Gli studenti auronzani hanno inoltre avuto l’opportunità di conoscere la natura, gente e cultura della Sicilia con il gemellaggio Dolomiti-Eolie e affrontare le problematiche mondiali con gli incontri della rassegna Il Mondo E’ Vostro Potete Cambiarlo, che ha ospitato personaggi del calibro di Wuer Kaixi, leader di piazza TienAnMen, i monaci tibetani di Guymed Temple, Moni Ovadia, Gian Antonio Stella, Fausto De Stefani, Walter Veltroni, Jean-Léonard Touadi, oltre a numerose associazioni.
La Val D’Ansiei ha ospitato in questi anni anche i protagonisti della cultura e società italiana, prima con la rassegna Auronzo Incontra, ideata da Iole e Enrico Cisnetto, che ha avuto tra i suoi ospiti: Francesco Cossiga, Magdi Cristiano Allam, Alfredo Mantovano, Ernesto Galli della Loggia, Stefano Zecchi, Michele Mirabella, Daniela Santanchè, Irene Pivetti, Flavio Caroli, Stefano Dambruoso, Geppy Cucciari, Margherita Hack, Walter Veltroni, Gianni Alemanno, Jalisse.
Negli ultimi due anni la rassegna è stata sostituita da Auronzo Attualità, curata dallo stesso Assessore alla Cultura, che ha avuto il privilegio di ospitare grandissimi nomi della cultura italiana: Erri De Luca, Paolo Rumiz, Giusto Pio, Mauro Corona, Gherardo Colombo, Giovanna Taviani, Liam O’Maonlai, Pio D’Emilia, Sandro Petrone e molti altri.
Il Paese Delle Tre Cime è stato inoltre al centro dell’attenzione nazionale e internazionale in occasione della manifestazione “G8 Le Dolomiti abbracciano l’Africa”, organizzata con Insieme Si Può, 5 luglio 2009, quando oltre 6000 persone si sono riunite ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo per formare una grande catena umana e stringere in un immenso abbraccio le montagne simbolo delle Dolomiti, per chiedere ai Grandi della Terra riuniti a L’Aquila di rispettare gli impegni nei confronti dei Paesi del Sud del Mondo. Le immagini video e fotografiche hanno presto fatto il giro del mondo, trasmesse da tg1, tg3, Euronews, tv europee e americane, e pubblicate da quotidiani nazionali e internazionali come The Washington Post, The Daily Telegraph, Orlando Gazzette, oltre che da siti internet di Russia, Korea, Brasile, Australia etc…
LA CULTURA IN VAL D'ANSIEI
RispondiEliminaLa cultura è una risorsa strategica primaria per la crescita del territorio e un sistema culturale solido, vitale e diffuso contribuisce all’accrescimento della capacità innovativa e del grado di competitività dell’intero sistema economico e all’aumento del benessere degli individui e delle comunità locali. La cultura, oltre a stimolare la riflessione, ha saputo qui fungere da volano economico attirando ad Auronzo sia i numerosi turisti che hanno prediletto il Cadore per le loro vacanze, sia gli stessi cadorini e bellunesi, creando anche un indotto non indifferente per le attività commerciali della Val D’Ansiei.
Il grande successo e l’afflusso di pubblico agli eventi proposti è quindi la riprova che l’interesse per la cultura aumenta di anno in anno, con i turisti che prediligono la nostra valle non solo per i suoi laghi e per le bellezze naturali, ma sempre più anche per l’elevata offerta culturale e per il patrimonio storico-archeologico che di anno in anno ci riserva nuove sorprese.
TATIANA PAIS BECHER
Una forma per mantenere l'identità cadorina e bellunese è curare la lingua. Quella ladina che è parlata da circa 66.000 bellunesi ne è un esempio. Quì troverete un testo che racconta il mercato degli anni passati. Il lettore non si spaventi, perché lettere come la "K" sono usate, come ha insegnato il glottologo di Lozzo Giovanbattista Pellegrini, solo per facilitare la lettura. Buon divertimento"
RispondiElimina‘L MARKA’ IN KADORE
tra i ane 30 e 50
‘na ota, tra i ane trenta e zinquanta del Novezento, ‘l marcà a Piee de Kadore se tegnea ‘l luni, in te piaza Tizian. Dal cinquantasié ‘l pi gran del komun se tien a Tai ‘n tel piazal “Olimpico”, dute i merkui. ‘l marcà de Piee e de Tai i é fati da dente ke ien da fora. Solo le armente le era kadorine.
‘n te kei tempi ki ke avea da vende i ruaa kuan ke nasea ‘l soroio, un drio l’autro, koi kar tiradi da mus e da ciavai. ‘n te i ane de le guere, anka koi zestoi e koi karete tiradi a man. Solo ki ke tolea sù straze e os, ‘l ruaa kon ‘na bicikleta kol karetin.
I metea fora banko e i skominziaa a vende kele poke robe ke i avea. No i era mai tanti, e i se metea in fila un takà a l’autro, kuerti kon tok de tela de lin e kanepa ke i servia anka par takà le robe pì bele par tirà i kliente. A bete ordin l’era la guardia de servizio ke dasea anka i poste a ki ke arivaa.
‘l primo banko era le pite, le anere, i kunici e i pitusin. A parte era le vace, le ciaure, le fede, le vedele e i ciavai. Daspò se metea kei de ‘l formei e de ‘l butiro, e l frutarol kol vin e la sgnapa. Ankora daspò se metea i banke de vestì, de le autre straze, de i ciapei. Le skarpe e i skarpet i era poiadi su ‘na scafa koi zokui seradi e verti. Ienia daspò ‘l banket de l skarper e de le femenes ke fasea siole de peza. In insuda se podea vede anka le statue de len fate durante ienaro e febrarut n te la stala. In auton se podea trova ‘l miel de montagna. N te la fila se podea vede anche piate, bicer, pegnate kuciri e piroi
Le falz e le sesole era poiade a pede de i fer da bate par guà le falz. L’era anka manere, zape, zapin, le kambre par le taie, kortei e britole. In insuda e a Paska tornaa duti i animai e i ciauret koi agnei. In estade tornea anka kele da Nert koi mestoi de len, ‘l karegeta e l gueta ke iustaa anka onbrele.
(segue seconda parte)
(seconda parte)
RispondiEliminaVizin al markà l’era anka na botega ke fasea le tripe kote par ki ke rivea bonora e avea friedo.
Kalke ota d’istà ruea da Komelgo ‘n on kon la fisarmonica, l’organeto o ‘l violin. So femena vendea dogatoi, karamele e dolz fati kol zukero. I markà dei nostri paesi i era duti pizui e anka kel de Piee no l’avea pì de vinti banke. ‘l pì zerkà l’era kel de i atreze da laoro e par la ciasa. Daspò ruea la dente par komprà: gnante ki da lontan, daspò kei da vizin e de l logo.
Par duto ‘l dì par la piaza pasea ‘n grun de dente, ank koi ariede. ‘l pì afezionà era ‘n on ke l vendea vestì e ke duti konosea parce ‘l se metea ‘n pèr de mudande su la testa par feise vede. Ki de i banke zigaa par fei save kosa ke i avea da vende e kalke prezo pì bas dei autri. Kuan ke ande ia la nee ‘l markà servia anka par vede i amigi e i konosenti dei autri paesi ke d’inverno no se moea. Par le femenes era l’okasion bona para kontase i fate sucesi ‘n te i mes pasadi e ciatase koi parente e kon ki te dovea pagà par i laori fati. ‘n tel Kadore no é da tanti ane fameie grande, ma era lo steso l’okasione par bete apede duta la fameia. Le femenes le cerkea kel ke vendea semenze par semenà ‘l prà o ‘l ciampo. La semenza più zercada era kela de la “Spagna”, l’erba che podea ese taià anka 4 ote ‘n te n’an. Sul markà se vendea anka le vacie: da la Bruna Alpina, a la rosa maciada e la svizera bianka e nera. ‘l komercio de le armente e de kele autre bestia da stala era un dei fati pì importanti. I omi i kontratea ‘l prezo koi so kompari e pò i ciamea ‘l mediator par konlude l’afar, kon ‘na strendesta de man. Daspò duti a magnà la tripa, ke pagea kel ke avea vendesto. Kuan ke ‘l soroio se basea la dente skomiziea a aviase par tornà a ciasa. Kuasi dute i andea a pié o kon karet. Ben poci i avea na caroza. Ki avea komprà na vacia o ‘na feda, ciapea la korda e se le tirea drio, anka kon la fameia davoi. Ruadi ‘n te i paesi, i portea kel ke i avea komprà ‘n te l van e daspò i andea in te stala par guernà le armente e monde kele ke avea late. La zena era ale sie, e apede duti i se ciatea drio l kul de le vace par kontase i fati de la dornada. Kalkedun ciapea l’armonika e fasea na sonada fin ke ienia son. Le none kontea le storie ai riede par indomenzali e era storie de la Redosola, de le Anguane e de l’orco. No sempre se pode fini de kontà la fola, parcè i boce se indormenzea.
CALALZO DI CADORE
RispondiEliminaSarà il Coro Polifonico Enrico Zardini di Cortina d’Ampezzo, ad inaugurare venerdì 20 luglio la quinta edizione della “Festa del Volontariato Cadorino” che si terrà a Calalzo in quel fine settimana. La decisione di organizzare la “Festa” a Calalzo ha fatto sì che tra la manifestazione volontaristica e il complesso corale cortinese, nascesse un collegamento di grande valore morale perché "il “Coro Polifonico Enrico Zardini" nacque su un’idea del direttore Simone Nucciotti, che alla fine del 2009, intendendo ricordare con un concerto la tragica scomparsa in montagna dell’ amico Claudio del Favero di Calalzo, deceduto a causa di un tragico incidente sull’Antelao, chiese la collaborazione a varie formazioni corali già esistenti: “Gospel La Sorgente”, “Coro Cortina”, “Regina defensionis”, “Schola Cantorum Cortina”, “Giovani in festa di Cortina” che risposero con entusasmo e molti coristi aderirono all’iniziativa. A questi si aggiunsero il pianista Francesco Pagnini, ed altri che suonano nel Corpo Musicale di Cortina. Dopo la prima edizione del concerto "Voci per Claudione", tenutosi nel maggio del 2010, il coro che nel frattempo si era formato, ha animato la prima S. Messa organizzata per ricordare sullo stesso luogo dov’era successa la tragedia, "FALCO". Da allora sono molte le esibizioni da ricordare: dalle successive edizioni di " Voci per Claudione ", il concerto di Natale del 2011, insieme ad altri cori esistenti sul territorio ampezzano, concerti a Calalzo, Colle S.Lucia, Borca. Quest'anno oltre al concerto di Tambre, figurano anche quelli di Auronzo, di S. Vito. Il coro è stato anche invitato anche all'importante rassegna di “Cortina in Canta” che si terrà nella “Chiesa della Difesa” il prossimo 4 luglio. Oggi il coro, composto da coristi con età che vanno dai 18 agli oltre 60 anni, è a quattro voci miste. Oltre all'accompagnamento musicale all'organo o al pianoforte, si avvale anche della voce solista del mezzosoprano Fabiana Polli.
CORTINA INCONTRA ERA IMPORTANTE!!!
RispondiEliminaGli intrattenimenti culturali sono il sale, la quintessenza per ogni località turistica "in". Quest'anno dal carnet di manifestazioni architettate tra le Dolomiti bellunesi, è stato depennato "Cortina InContra", rassegna cult che nei suoi duindici anni di rappresentazioni ha magnetizzato l'attenzione del gotha della politica, del giornalismo, dello sport, dello spettacolo, offrendo uno spaccato aderente e sottile della nostra Nazione. La dell'evento, se da un lato ha lasciato la bocca di fiele alla platea di afficionados, dall'altro non ha istillato vampate di rincrescimento nelle istituzioni. Anzi, il primo cittadino della "Regina", Andrea Franceschi, quasi con "nonchalance" ha parlato di fine di un'epoca. Quella dell'eccesso, dell'arenza ad ogni costo, di alcuni casi di caffonaggine. Al di là delle varie scuole di pensiero una cosa è inoppugnabile: Cortina InContra per tre lustri è stata la cartina di tornasole, il meeting principe, dell'estate ampezzana. Sprigionando uno "charme" a livello mediatico, una cassa di risonanza che ha valicato le Alpi. Una perdita non da poco. Anche per l'immagine della conca.
GIUSEPPE DA SACCO PELOS
DUE PESI DUE MISURE?
RispondiEliminaSarà che lo Stato, messo alle strette da una recessione senza eguali, avverte come non mai l'esigenza di far quadrare i conti e, senza andare tanto per il sottile, "munge" (euro) nei segmenti più vulnerabili e veicolati. Sarà perché non è tutto oro quel che luccica e forse qualche fenomeno di marginale "dissesto" ogni tanto fa capolino, lontano comunque da ammorbare un tessuto sociale integro, sano. Sarà... sta di fatto che a memoria d'uomo, non si ricorda nella placida provincia di Belluno un "pugno di ferro" di simili dimensioni da parte di chi è addetto alla salvaguardia del territorio. Al di là dei controlli di routine, non trascorre giorno che alle falde dei Monti Pallidi, da sud a nord, da Feltre a Cortina, in Comelico, scattino bliz a tappeto, con inverosimile spiegamento di forze dell'ordine su strade (può accadere che nell'arco di cinquanta chilometri ti fermino cinque volte) ed esercizi pubblici. Si dirà: tutto il mondo è paese. Mica Vero. Quello che la gente non riesce a capacitarsi è perché siffatti sistematici assidui e serrati "monitoraggi" (che scoraggiano non solo i turisti, ma pure albergatori e ristoratori) vengano messi in scena tra le Dolomiti che, a ben riflettere, è un puntino impercettibile nella mappa della mini-microcriminalità nazionale e regionale (e non è accidentale l'etichetta di "Isola felice"), mentre nelle provincie limitrofe, laddove l'attività di "vigilanza" è tutt'altro che vertiginosa, incalzante, ficcante, fiscale ed intensa. Prevenire va benissimo, ci mancherebbe, ma a tutto c'è un limite. Due pesi, due misure?
GIUSEPPE DA SACCO
NOSTALGIA, NOSTALGIA.DA GIUSEPPE DA SACCO
RispondiElimina"Nostalgia, nostalgia, canaglia che ti prende proprio quando non vuoi". Cantavano Al Bano e Romina Power, mano nella mano, al festival di San Remo "targato 1987". A disanza di 25 anni, il motivetto potrebbe essere scelto come colonna sonora per la stgione turistica in fase di decollo. Già, perché la nostalgia di quando- guarda caso proprio di questi tempi, ma pure prima - l'alto bellunese, con le coccarde d Cortina, Cadore, agordino, faceva da "sirena" ammaliatrice su fiumane di vacanzieri che con il loro swing, la loro efervescenza, sfrenata e deflagrante in ogni dove, trasmutavano i paesi, colorandoli con il pennello del trasporto, in anfiteatri caleidoscopici a cielo aperto, è sempre più ricorrente. Difficile da rimuovere dalla mente. Non foss'altro perché tra passato e presente s'è creato un abisso di proporzioni considerevoli. La parola d'ordine, l'imperativo perentorio, ora è: non mollare, dragare ovunque a caccia dei più disparati "target". Mica facile. In periodi di chiari di luna è un po' come scalare il Tourmalet. FINE PRIMA PARTE
seconda parte nostalgia.
RispondiEliminaLa "febbre da cavallo " non ci ha ancora assalito, ma compiendo un flash back sull'ultima stagione invernale - un autentico tracollo con un decremento in certuni casi del 50%- la temperatura è da allarme rosso, ben al di sopra della soglia di tempertura dei 37°. "No tengo dinero" cantavano i Righeira nell'estate del 1983, E', incontestabilmante, quella dell'euro disponibilità, uno dei tormenti maggiori dell'industria delle vacanze. Nondimeno ci sono pure altri bioritmi negativi. Il vento debole che soffia nell'intero comparto, il cappio al collo legato al momento delicato del Paese, con un orizzonte pregnante d'incognite, fattore che induce la stragrande maggioranza dei turisti a fare il passp secondo la gamba, abiurando ai canonici costumi dei sette-dieci giorni di vacanza, per ripiegare sul "mordi e fuggi". In siffatto pot-pourri, si incastonano perlomeno un paio di componenti che pesano come macigni nello specifico "milieu": l'impoverimento degli esercizi alberghieri che non reggendo il ritmo del mercato incardinati sullo standard "agevolazioni - infrastrutture à la page", sovente chiudono i battenti. A ciò fa da contrappunto ilfioco rilievo accordato dalle istituzioni di riferimento nell'aprire i ...rubinetti per far scorrere "liquido" - tali da consentire un salto di qualità del prodotto. Accostandosi, gradino dopo gradino, a Trentino e Alto Adige, i cui rigogliosi .... frutteti propiziano pressoché sistematicamente turisti come ciliege, Shakerando il tutto, non serve essere dei chiaroveggenti per preconizzare una stagione da "low profile", con l'ombra ingombrante del passo da gambero, un mantra non nuovo da queste parti. Mal comune, mezzo gaudio. Difatti pure l'Emilia Romagna, regione leader nel comparto, ha le sue brave gatte da pelare. Tra terremoto e congiuntura - non solo nazionale- gli effetti si fanno sentire in maniera sinistra: si calcola che da quì a fine settembre i turisti 2012 saranno 33,3 milioni, pari al 66%, contro i 39 milioni -79%- di due anni fa.
Per tentare di sconfessare le cifre si sta giocando, a mò dei grandi scacchisti, simultaneamente su più tavoli. Pacchetti pruriginosi, con lettino ed ombrellone da spiaggia a soli 180 euro alla settimana, e attenzione particolare, con lifting immediato, agli hotel a due stelle, gettonatissimi stante la cura dimagrante cui coattmente devono sottoporsi i vacanzieri. La montagna, quanto a peculiarità e ...marketing, ha minime analogie con il mare, tuttavia prima o poi le Dolomiti bellunesi un punto di contatto, un anello di congiunzione con il turismo balneare lo deve identificare, uno step indispensabile per dare il là ad un processo innovativo su basi solide, per cercare un livellamento ad ampio spettro, se non altro sulle componenti nodali che plasmano il prodotto, leggasi offerte (elevate sulle Tre Cime qualitivamente spesso basse, ed a buon mercato
sulle spiagge, ma di buona qualità). Non si può parlare due lingue diverse. E' uno snodo cruciale per elidere la stagnazione.... e pure - come di questi periodi- arrestare l'onda lunga dello "sboom". GIUSEPPE DA SACCO
PIEVE DI CADORE
RispondiElimina“Anche da una piccola idea, può uscire l’occasione per conoscere meglio la natura che ci circonda e che spesso non valorizziamo a sufficenza. Con questa iniziativa è stato ripreso in mano l’ambiente dei nostri boschi, che è stato abbinato alla creatività umana espressa attraverso l’arte”, ha affermato il rappresentante della Pro Nebbiù, alla cerimonia inaugurale degli 8 “totem” che domenica pomeriggio, nel piccolo prato antistante la Casa della Regola di Nebbiù, sono stati scoperti e posti a disposizione degli occhi dei numerosi ospiti che hanno partecipato al loro scoprimento, effettuato dagli stessi artisti. “Antonio Alberti, ha aggiunto il presentatore, dal quale è partita l’originale idea, ha inteso abbinare all’arte la natura stessa ed ha trovato nella Regola di Nebbiù, che ha messo a disposizione i tronchetti di larice necessari per realizzare i “totem”, la collaborazione necessaria per la concretizzazione di queste piccole, ma simpatiche opere pittoriche”. I tronchetti sono stati decorati da artisti locali, 6 dei quali erano presenti allo scoprimento. Le opere sono state poste in vendita attraverso un’asta, che si concluderà durante la Sagra di Nebbiù che si terrà dal 12 al 15 agosto in Piazza IV Novembre. Le offerte per l’asta possono essere fatte sin da ora, in busta chiusa, sulla quale dovrà essere indicato il solo numero telefonico, che sarà utilizzato per contatare l'offerente, nel caso risulti il vincitore ed il numero del totem al quale si riferisce. La cifre indicate nelle buste saranno prese come base dell'asta, dalle quali partiranno le offerte definitive. Il ricavato dalla vendita dei tronchetti sarà consegnato agli stessi autori che ne disporranno a loro piacimento. Due artisti hanno già annunciato che quanto incasseranno per la vendita dei tronchetti, sarà dato in beneficenza. Gli artisti che hanno realizzato i “totem” sono: Maria Tagliabò di Nebbiù, Mario Testa di Valle, Carlo Baggio di Sottocastello, Elisa Costella di Nebbiù, Bepo Tomasina di Domegge, Pino Smaltini di Venas e Giuseppe Rocchi di Calalzo.
Segreteria Pro Nebbiù
14 luglio MOTOSTOPPISTA A PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaE’ passato anche per il Cadore, dov’è stato ospite di Pieve, Enrico Bianchet, il “Motostoppista” di Pordenone che da oltre sette anni gira il mondo in moto: non con la sua, ma con quella degli altri. “Sono un appassionato di moto che non la possiede e non la guida, ha raccontato ai curiosi durante la sosta all’Albergo al Pelmo, dove ha soggiornato una notte, ma che ama mettersi sulle strade a chiedere passaggi ai centauri, non stupitevi quindi, quando m’ incontrerete sulla vostra”. D. Com’è iniziata la sua storia? R.”Tutto è iniziato da una scommessa fatta con degli amici che erano stanchi di avermi come passeggero. Sono arrivati alla condizione che per poter continuare a girare in moto con loro avrei dovuto acquistarne una o altrimenti mi sarei dovuto mettere a fare l’autostop, che allora era di moda tra i giovani. Rimandando di anno in anno questo acquisto, mi sono appassionato a fare il passeggero ed ho cominciato a fare “motostop”, facendone una mia filosofia di vita. Posso dire di essere l'unico “Motostoppista” al mondo ed invito coloro che hanno questa mia stessa passione a contattarmi per parlarne e tutti i motociclisti a fermarsi per dare un passaggio”. D. Esiste una solidarietà tra motociclisti? R. “Si, a cominciare dal saluto sulla strada, che mi ha permesso di conoscere veri amici”. D. Com’è nata la parola “Motostoppista”? R.” Questa parola stata coniata da una coppia di amici che gestiscono una birreria a Prata di Pordenone il “Nickolson's Pub”. Ringrazio quindi gli amici Cinzia e Nicola per avermi dato questa opportunità di essere così famoso e conosciuto in tutta Europa. Spero di bere una birra in vostra compagnia nel loro bellissimo locale”. D. Come fa per vivere? R. “Collaboro con alcune aziende del settore motociclistico, come la Valeri Sport di Cornuda , che mi ha messo a disposizione una bellissima tuta da moto e molti accessori. C’è poi la Traguardi di Amedeo Casasola di Gemona del Friuli che mi ha vestito con una tuta da moto fatta su misura traforata con il tricolore italiano ed altre ancora. Inoltre appartengo a diverse associazioni motociclistiche come il Motoclub Pompone di Valle S. Liberale a Paderno del Grappa nel quale ho trovato diversi amici tutti disponibili a darmi il passaggio in moto e di questo ringrazio molto l'amico Maurizio e il Coordinamento Motociclisti che difende i diritti di noi motociclisti e che tutti dovrebbero fare riferimento”. D. Dovè possibile incontrarlo? R.” Il mio ritrovo abituale è il Ristorante Bolognese a S. Croce del Lago, in Provincia di Belluno, che è meta di numerosi centauri nel fine settimana. E’ però possibile leggere le mie su molte testate giornalistiche come Bikers Life, Motociclismo, Superbike, Racer, All Broken Magazine, Noise, Sport-Pordenone, Mondo Motori, Freeway e sui quotidiani locali quali, Il Giornale di Vicenza e il Messaggero Veneto.
14 luglio Cancelli cimitero
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
Dopo S. Vito, dove tempo fa sono scomparsi, ad opera di ignoti, fiori ed altri ornamenti dalle tombe, ora è toccato a Pieve, dove nella frazione di Sottocastello si è verificato un furto ben più importante e grave: sono stati asportati i cancelli in ferro battuto che separavano la parte pubblica del camposanto, da quella privata. La notizia è stata comunicata dallo stesso sindaco di Pieve, Maria Antonia Ciotti, durante l’incontro di venerdì sera con la popolazione di Sottocastello. Secondo il sindaco Ciotti non è stato possibile focalizzare subito che si trattasse di furto, perché in un primo momento anche lei aveva pensato che la rimozione dei cancelli fosse stata effettuata dell’impresa che effettua la manutenzione. Un dubbio subito chiarito dalle persone interessate che non hanno mai toccato i due cancelli. “Il sindaco ha chiesto ai presenti all’incontro organizzato per parlare di RSU, ha affermato Osvaldo Ciotti, uno dei volontari del paese presente alla riunione, se qualcuno di noi sapeva cosa fosse successo ai cancelli. Nessuno tra i numerosi presenti ha saputo dare una risposta, e nemmeno si è accorto di nulla. Chi ha effettuato il furto, probabilmente tra lunedì e martedì, ha lavorato da professionista anche perché il due cancelli pesavano tra i 40 e i 50 chilogrammi l’uno. Hanno certamente di valore, non solo affettivo, perché erano stato costruiti da fabbri molto bravi, tanto che non erano saldati, ma le loro parti erano state assemblate con dei rivetti in ferro ribattuti. Perciò due piccole opere d’arte”. Dello stesso parere anche l’arcidiacono monsignor Renzo Marinello, anche lui molto perplesso su quanto è accaduto. “Soni andato a verificare di persona, ha affermato Che si tratti di un furto non sembra ci siano dubbi, se non altro per il fatto che non solo sono stati asportati i cancelli, ma sono stati segati a regola d’arte i loro due supporti, quelli che in lingua ladina si chiamano i . Un’operazione che è stata preparata con cura, stando bene attenti che non ci fossero state delle persone nè all’interno dell’area sacra, nè sulla strada che la collega con il centro abitato. In pratica hanno atteso il momento più opportuno”. La storia del camposanto di Sottocastello, come quello di Pieve, è quanto mai singolare perché è iniziata con l’arrivo dei francesi in Cadore. Con la nascita dei comuni, hanno obbligato i nuovi enti appena costituiti sulle ceneri delle Regole, a costruire i cimiteri lontani dai centro abitati, contrariamente a ciò che avveniva sino allora. I cancelli trafugati sono stati realizzati insieme al camposanto, quando l’amministrazione decise di separare la parte privata da quella pubblica, perciò nei primi anni del 1800. Tra l’altro, sembra che tra le tombe ancora esistenti nella zona privata, ci siano anche delle tombe di parenti del sindaco Ciotti, la cui famiglia è originaria di Sottocastello. Quanto successo, sarà ora inserito nell’ordine del giorno della prossima seduta della giunta comunale, che dovrà valutare la situazione e prendere le necessarie contromisure.
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RispondiEliminaAlla direzione del Blog il Cadoreé.... cose belle
RispondiEliminaVolevo segnalarti la tristezza della chiusura della piscina di
Pieve dal 31 luglio al 21 agosto, tutto quello che è il periodo di massimo afflusso
turistico (la stessa cosa si è verificata durante le vacanze natalizie l'anno
scorso). Premesso che spogliatoi, bordo vasca ed acqua sono tenuti benissimo ed
il personale cordiale, la chiusura rappresenta uno schiaffo alla fame
turistico-sportiva pievese. La piscina in genere è un momento piacevole di
salute e svago per le singles e famiglie, anche nei momenti di tempo cattivo.
Il piacere di nuotare, giocare, stare in sana compagnia, unito alla bellezza
dei panorami che si godono dalle vetrate, con il sole o con la pioggia,
dovrebbe essere secondo me rilanciato con entusiasmo nei momenti di afflusso
turistico, e non chiudere per ferie come non si usa più neppure nell'industria
ed il pubblico impiego. Alberto Bertuzzi.
Le piscine non vengono chiuse più nemmeno nelle grandi città.
Elimina26 anni di Vico al Giro
RispondiEliminaCIBIANA DI CADORE
“Il Giro d’Italia è una corrente di luce e colori, di emozioni e di sogni. Ti porta via e Vico Calabrò si è lasciato rapire e nel vento della corsa ogni anno compie il suo Grand Tour. Di Giri ne ha fatti 26 e li ha ritratti tutti.” Così ha scritto Claudio Gregori, il giornalista della Gazzetta dello Sport che Gino Bartali e che ha voluto rendere onore a Vico Calabrò, firmando la prefazione della pubblicazione voluta da Giancarlo Busato, lo stampatore delle 25 incisioni, nate per ricordare l’avventura della partecipazione al Giro da parte del pittore Vico Calabrò. Una pubblicazione che riporta il “diario del Giro” scritto da alcuni accompagnatori del pittore, tra i quali, appunto, Gregori, Alfredo Marras e Aldo Bertelle, accompagnato dalle immagini che ricordano visivamente i 25 Giri. Il libretto, una vera chicca per gli appassionati, è stato presentato nella serata dell’arrivo del Giro d’Italia a Cortina, nell’Albergo Remauro di Cibiana, dove avevano trovato alloggio la squadra della Colnago (quella di Domenico Pozzovivo), Dino Zandegù, Giuseppe Saronni, lo stesso Giancarlo Busato e... Vico Calabrò. Un avvenimento cultural-sportivo, che è diventato una serata indimenticabile, non solo per la presenza di tante personalità legate al ciclismo, ma sopratutto per la presenza di due >campioni di simpatia<, quali Dino Zandegù e Vico Calabrò che hanno consentito la ricostruzione in chiave culturale e nostalgica dei tanti giri vissuti insieme. “Se ho potuto entrare nel meccanismo del Giro D’Italia, ha esordito Calabrò, lo devo all’amico Dino, che mi ha fatto capire i meccanismi che muovono un’organizzazione così complessa, come una corsa lunga migliaia di chilometri. Il Giro d’Italia, ha cercato di spiegare il pittore, non è solo un avvenimento sportivo, ma è anche e sopratutto un avvenimento culturale. Viene offerta, infatti, ai corridori ed a chi li segue anche attraverso la televisione, la possibilità di girare l’Italia, attraversando anche i paesi più piccoli, ad una velocità di 30 -40 chilometri all’ora che ti consente di ammirare tutte le bellezze che l’Italia offre. Sono più di 25 anni che lo seguo, ha aggiunto e non sono ancora stufo, perché è una manifestazione che ti ammalia, cattura il tuo animo e ti coinvolge. Da parte mia, ha aggiunto, ogni anno creo una immagine che rappresenta la località di partenza del Giro, che poi regalo ai partecipanti. Quest’anno è toccato alla Sirenetta di Copenaghen, lo scorso anno, 150° dell’Unità d’Italia, era partito da Torino.” D. Ma come ha potuto farlo? R.”Grazie alle istruzioni di Zandegù, mi sono sempre fatto accreditare ufficialmente, ed ogni anno ho potuto usufruire di una macchina della carovana, con un accompagnatore ufficiale. Il primo è stato il giornalista Lodovico Zanardi. Nel 2007 – 2008 ho avuto come accompagnatore anche mio figlio Matia”. “Posso solo affermare, ha detto Dino Zandegù, campione del mondo a squadre del 1961, ed ora dirigente sportivo e commentatore RAI, che la presenza dell’amico Vico ai Giri d’Italia, non solo non è stata invasiva come potrebbe sembrare per una presenza artistica costante, ma molto gradita e le sue incisioni sempre ricercate e molto gradite. Ne è testimone Morozov, il grande massaggiatore russo, ora stabilito in Italia, che ne ha fatto la collezione.”
VITTORE DORO
26 anni di Vico al Giro
RispondiEliminaCIBIANA DI CADORE
“Il Giro d’Italia è una corrente di luce e colori, di emozioni e di sogni. Ti porta via e Vico Calabrò si è lasciato rapire e nel vento della corsa ogni anno compie il suo Grand Tour. Di Giri ne ha fatti 26 e li ha ritratti tutti.” Così ha scritto Claudio Gregori, il giornalista della Gazzetta dello Sport che Gino Bartali e che ha voluto rendere onore a Vico Calabrò, firmando la prefazione della pubblicazione voluta da Giancarlo Busato, lo stampatore delle 25 incisioni, nate per ricordare l’avventura della partecipazione al Giro da parte del pittore Vico Calabrò. Una pubblicazione che riporta il “diario del Giro” scritto da alcuni accompagnatori del pittore, tra i quali, appunto, Gregori, Alfredo Marras e Aldo Bertelle, accompagnato dalle immagini che ricordano visivamente i 25 Giri. Il libretto, una vera chicca per gli appassionati, è stato presentato nella serata dell’arrivo del Giro d’Italia a Cortina, nell’Albergo Remauro di Cibiana, dove avevano trovato alloggio la squadra della Colnago (quella di Domenico Pozzovivo), Dino Zandegù, Giuseppe Saronni, lo stesso Giancarlo Busato e... Vico Calabrò. Un avvenimento cultural-sportivo, che è diventato una serata indimenticabile, non solo per la presenza di tante personalità legate al ciclismo, ma sopratutto per la presenza di due >campioni di simpatia<, quali Dino Zandegù e Vico Calabrò che hanno consentito la ricostruzione in chiave culturale e nostalgica dei tanti giri vissuti insieme. “Se ho potuto entrare nel meccanismo del Giro D’Italia, ha esordito Calabrò, lo devo all’amico Dino, che mi ha fatto capire i meccanismi che muovono un’organizzazione così complessa, come una corsa lunga migliaia di chilometri. Il Giro d’Italia, ha cercato di spiegare il pittore, non è solo un avvenimento sportivo, ma è anche e sopratutto un avvenimento culturale. Viene offerta, infatti, ai corridori ed a chi li segue anche attraverso la televisione, la possibilità di girare l’Italia, attraversando anche i paesi più piccoli, ad una velocità di 30 -40 chilometri all’ora che ti consente di ammirare tutte le bellezze che l’Italia offre. Sono più di 25 anni che lo seguo, ha aggiunto e non sono ancora stufo, perché è una manifestazione che ti ammalia, cattura il tuo animo e ti coinvolge. Da parte mia, ha aggiunto, ogni anno creo una immagine che rappresenta la località di partenza del Giro, che poi regalo ai partecipanti. Quest’anno è toccato alla Sirenetta di Copenaghen, lo scorso anno, 150° dell’Unità d’Italia, era partito da Torino.” D. Ma come ha potuto farlo? R.”Grazie alle istruzioni di Zandegù, mi sono sempre fatto accreditare ufficialmente, ed ogni anno ho potuto usufruire di una macchina della carovana, con un accompagnatore ufficiale. Il primo è stato il giornalista Lodovico Zanardi. Nel 2007 – 2008 ho avuto come accompagnatore anche mio figlio Matia”. “Posso solo affermare, ha detto Dino Zandegù, campione del mondo a squadre del 1961, ed ora dirigente sportivo e commentatore RAI, che la presenza dell’amico Vico ai Giri d’Italia, non solo non è stata invasiva come potrebbe sembrare per una presenza artistica costante, ma molto gradita e le sue incisioni sempre ricercate e molto gradite. Ne è testimone Morozov, il grande massaggiatore russo, ora stabilito in Italia, che ne ha fatto la collezione.”
Vittore Doro
TRENO COME GARANZIA NEI TRASPORTI
RispondiElimina9 APRILE TRENO
Una volta, nemmeno tanti anni fa, il treno era il simbolo della garanzia nei trasporti pubblici. Oggi, purtroppo, non più, ma anzi chi sale su questo mezzo non sa nemmeno se arriverà a destinazione. E non è sempre e solo colpa delle ferrovie. Le due esperienze che riportiamo ne sono l’esempio.
“Quando studiavo all'università di Padova, prendevo ogni settimana il treno, afferma Maurizio Bergamo. Ero orgoglioso di arrivare nella città del Santo con un diretto. Ero orgoglioso di vedere il cartellone delle partenze in stazione a Padova con il nome della nostra stazione Calalzo di Cadore. Mi sentivo al pari dei cittadini con il nome della nostra piccola patria scritta lì in alto, aggiunge. Tornavo a casa ogni settimana per amore del Cadore, della famiglia e delle montagne, sobbarcandomi allegramente le tre ore di viaggio. Mi sentivo comunque privilegiato ad avere un treno diretto, che nonostante la lentezza, offriva la comodità di montare "su" a Padova e scendere a Calalzo. Poi 2 passi ed ero a Pieve. Quando però osavo dire che il treno era un po' lento tutti a dire:"per fortuna che c'è ancora, non si può chiedere di più". Sono passati 15 anni e com’è la situazione? E' nettamente peggiorata: i treni diretti sono sempre meno, più lenti e a volte si rompono durante il percorso. La gente, prosegue Bergamo, sta perdendo la fiducia nel trasporto ferroviario e cerca alternative, andando inconsciamente a soddisfare il progetto di dismissione tramite il rendere impossibile utilizzare il treno. Su questo cammino l'orario cadenzato che per il treno in Cadore potrebbe essere l’ultima cannonata. Ma perché dobbiamo continuare a puntare al basso, a piegarci agli interessi, o meglio al disinteresse della pianura? Non vogliamo solo il mantenimento del treno, ma un treno moderno, sicuro, più veloce, che consenta ai cadorini di andare a studiare in città, ai turisti di non dover utilizzare l'automobile, insomma un mezzo economico, democratico ed efficace, per connettersi alla pianura e ritornare presto tra i monti”. L’intervento – molto bello- di Maurizio Bergamo, attualmente consigliere comunale di Pieve di Cadore, offre lo spunto per un intervento derivato dall’esperienza di viaggio di questi giorni.
Vittore Doro
TRENO COME GARANZIA DI SERVIZIOIl risultato di questa esperienza, per il protagonista, a causa di una catena di disservizi, è stata la perdita del posto di lavoro; ne rimarrà senza per almeno altri sei mesi. Non ci sono di mezzo solo le Ferrovie dello Stato, ma anche il pessimo funzionamento degli altri servizi pubblici in Centro Cadore, oggi talmente degradati da aver fatto perdere la fiaccia all’intero settore turistico ricettivo cadorino, tanto da aver fatto dichiarare a molti visitatori che in Cadore non torneranno più. Partiamo con ordine: un cittadino, il 2 aprile (giorno dopo il lunedì dell’Angelo), deve andare a Venezia per consegnare entro le ore 17, dei documenti grazie ai quali avrà un posto di lavoro nel settore delle comunicazioni fino al 31 dicembre. Cerca un corriere postale in grado di consegnare entro la giornata il plico, ma il servizio della posta veloce in grado di farlo, esiste solo a Belluno. Decide, dunque, di andare di persona a Venezia. Chiama l’ufficio turistico, dal quale viene a sapere che con il treno delle 13,13 da Calalzo, è possibile arrivare in Laguna entro le 16,44. Giusto in tempo per la consegna. Lascia tutti gli impegni, e senza nemmeno mangiare sale sul treno che parte puntualissimo. Dopo dieci minuti arriva il controllore ed arriva anche la prima >botta<: il treno non va a Venezia, ma si ferma a Ponte nelle Alpi perché quel giorno è considerato festivo. Il primo treno per Venezia parte circa alle 15,59, due ore e mezzo dopo. C’è però la possibilità, proseguendo fino a Castelfrando Veneto, di prendere la coincidenza delle 16,05 per Venezia. “Sono salvo”, sospira il viaggiatore. Niente di più falso perché a Castelfranco, proprio mentre il Calalzo - Padova entra in stazione, il treno per Venezia sta uscendo. Nessuna coincidenza: ogni treno va per la sua strada, senza aspettare i treni in ritardo, seppure di un solo minuto. Dunque altra attesa di un treno, che parte però alle 16,30 per arrivare a Treviso alle 16,53, quando lo sfortunato viaggiatore avrebbe dovuto essere già a Venezia. Sulla Laguna il treno arriva alle 17 e 45, troppo tardi per poter protocollare il suo plico, e quindi il giorno successivo non sarà ammesso al nuovo lavoro. Il rientro a Calalzo è altrettanto avventuroso perché solo grazie al buon senso del capotreno e della centrale operativa è stato possibile trovare, per l’ultimo treno della giornata, la coincidenza a Ponte nelle Alpi.
RispondiEliminaCITTADINO DI PIEVE DI CADORE VAI A VOTARE13 Aprile Referendum a Pieve
RispondiEliminaDomenica e lunedì i cittadini di Pieve di Cadore si recheranno alle urne per scegliere se passare con la regione Friuli Venezia Giulia o restare nel Veneto. Il problema vero però sarà raggiungere il quorum per convalidare la scelta degli elettori. Intanto si sono conclusi lunedì al Cosmo gli incontri programmati per informare i cittadini sui motivi che hanno portato al referendum consultivo che si svolgerà domenica 21 e lunedì 22 aprile. Il quesito proposto agli elettori sarà: “Volete che il territorio del Comune di Pieve di Cadore sia separato dalla Regione Veneto per entrare a far parte integrante della Regione Friuli Venezia Giulia?”. “E’ un interrogativo forte che merita qualche precisazione spiega Osvaldo De Lorenzo, portavoce del Comitato Promotore. Le 254 firme necessarie per l’indizione del referendum reso possibile in virtù dell’art. 132, comma 2° della Costituzione che dà la possibilità di chiedere il passaggio a un territorio confinante, sono state raccolte in pochi giorni. E poiché il nostro Comune è adiacente al solo Friuli, lì e solo lì costituzionalmente può essere rivolta la domanda sopra riportata e che sarà stampata sulle schede. Il Friuli è un'opportunità, aggiunge, l'unica che ci rimane per far sentire il nostro grido di dolore. Ma la scelta del referendum non è fatta per dividere Pieve o il Cadore, anzi». «Il primo», prosegue, è proprio quello di dire basta ai continui tagli economici che il Cadore subisce da parte del Governo Regionale; il secondo vuole puntare alla costituzione di una regione autonoma che aggreghi tutti gli spazi montani con le stesse caratteristiche e che potrebbe chiamarsi Regione Dolomiti». Anche l'Europa, è scritto in una lettera inviata a tutti i cittadini, già nel 1992 aveva stabilito che i territori alpini si suddividessero in macroaree, secondo analogie di caratteristiche, discendenze, costumi, tradizioni e lingue minoritarie. Il Veneto è una Regione gran parte di pianura, che non ha mai ben compreso i problemi della montagna; lo dimostrano anche i dati del Censis in merito allo spopolamento dei nostri Comuni, all’indice d’invecchiamento dovuto all’andarsene dei giovani, alla migrazione delle imprese, valori tutti in drastica diminuzione e in particolare il turismo, che quest’anno nelle nostre terre ha subito un calo vertiginoso. Tutto ciò sostanzialmente è causato da scelte politiche, leggi, provvedimenti, incentivi, vincoli ecc., creati per realtà oggettive ben diverse, se non addirittura opposte, a quelle delle genti di montagna. “Si vuole dunque giungere a una forma di Governo, sostengono i referendari, che sappia legiferare in maniera adeguata ai nostri bisogni e composto da rappresentanti di tutte le singole vallate o comprensori, al fine di non creare disparità e supremazia tra una località e l’altra. Inoltre abbiamo bisogno di spendere la maggior parte delle nostre tasse nel nostro territorio, permettendo la nascita di nuove ed attuali attività che creerebbero maggiori offerte di lavoro. E’ importante votare “Sì” e raggiungere il quorum necessario per ottenere l’attenzione dovuta. Anche perché il Fondo Letta e il Fondo Brancher, che hanno portato denaro anche a Pieve, sono stati il frutto diretto dei primi referendum bellunesi.”
ULTIMO APPELLO PER IL REFERENDUM
RispondiEliminaConsapevoli delle difficoltà esistenti per il raggiungimenti del quorum nel Referendum consultivo di domenica prossima, dopo i parroci che hanno promosso l’iniziativa nelle chiese, il Comitato Referendario di Pieve di Cadore invita tutti i cittadini ad andare a votare o domenica 21 o lunedì 22 aprile prossimi, scegliendo il SI’. “E’ importante arrivare a 1.780 voti a favore, spieano i referendari, solo così potrà essere alto il valore del segnale di protesta per il sistema di governo non adatto alla nostra montagna. Il Cadore, che copre oltre un terzo della provincia di Belluno, sta soffrendo particolarmente sia per il rapido declino economico che per il drastico esodo soprattutto da parte dei giovani; inoltre è bersagliato da tutta una serie di grossi tagli ai principali servizi.
Dobbiamo puntare ad un autogoverno per un solo comprensorio montano, che si potrebbe evidenziare con una Regione Dolomiti ben definita da una precisa, netta ed inconfondibile caratteristica: la Dolomia. Ciò non è sogno o fantasia, aggiungono, è realtà già da oltre 10 anni, quando il Parlamento Europeo lo ha stabilito con la direttiva che tutte le sue aree montane debbano via via sempre più orientarsi a raggruppamenti vasti con caratteristiche in comune. L’Alpe dolomitica di cose in comune ne ha tante. Si lascino perdere i dubbi sulle distanze geografiche, sui capoluoghi, sulle predominanze tra zone e zone. E’ palese che il rincorrere queste inezie ha portato a questa invivibilità della montagna: guardiamo avanti, puntiamo su un governo territoriale adeguato e paritario tra vallata e vallata. Rendiamoci conto che ci conviene quanto prima entrare nel “sistema Europa”.
In conclusione facciamo anche presente che questo tipo di Referendum non si potrà più rifare per i prossimi 5 anni e pertanto invitiamo gli indecisi e quelli che generalmente si tengono estranei alla cose collettive, a riflettere a fondo prima di abbandonare l’idea di dare una mano anche a SE STESSI. Dopo il referendum non avranno più questa possibilità”.
Osvaldo De Lorenzo
Ringrazio Gigividi per aver così bene condensato l’ultimo appello lanciato dal comitato referendario.
EliminaSpero che, anche tramite questo messaggio, tanti cittadini si uniscano allo scopo di dare un forte segnale di grave disagio, messaggio che in ogni caso non andrà disperso tra gli echi che periodicamente si perdono rimbalzando di valle in valle; questo è molto importante e, comunque vada, arriverà giusto nella stanza dei bottoni della nostra Capitale.
Sarà inoltre una forma di riscatto civico da parte di una popolazione che per decenni è rimasta tranquilla ed obbediente ma sempre per nulla premiata. ANDIAMO ALLA RISCOSSA !!!
L'Assemblea dell'ASC di domani potrebbe essere l'occasione per parlarne.
EliminaSI RIUNISCE LA NEONATA ASSOCIAZIONE STAMPA CADORE
RispondiEliminaSabato 20 aprile 2013 alle ore 17.00 si riunirà in assemblea, presso la sala della Magnifica Comunità di Cadore a Pieve di Cadore, la rinata Associazione Stampa Cadore. L’incontro offrirà anche l’occasione per discutere di informazione in Cadore con il coinvolgimento di alcuni rappresentanti della società cadorina che possono fungere da termometro sulla percezione della qualità/quantità informativa locale.
L’Associazione Stampa Cadore raggruppa giornalisti, scrittori e operatori della comunicazione che condividono una passione speciale per il Cadore e che, pur consapevoli delle difficoltà economiche, strutturali e organizzative in cui versa il territorio, sono orgogliosamente consci delle risorse umane, culturali e naturali di cui dispone. Ed è proprio partendo da questo presupposto che l’associazione intende agire, con l’aiuto e il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e privati che condividono tale visione. In quest’ottica è stata organizzata l’Assemblea di sabato 20 aprile che, oltre ad essere l’occasione per aggiornare gli intervenuti sull’operato del direttivo, vuole offrite lo spunto per un momento di confronto, dall’eloquente titolo “Come viene comunicato il Cadore”, al quale parteciperanno Claudia De Mario, animatrice culturale, Mario Manfreda, sindaco di Lozzo di Cadore, Michele Nenz, dirigente Associazione imprenditoriale, Raffaella Mario, avvocato e monsignor Renato De Vido, parroco di Vigo di Cadore.
Nella parte conclusiva dell’assemblea saranno conferiti i riconoscimenti al merito professionale a tre colleghi che hanno dato un fondamentale contributo al giornalismo e alla cultura locali: Mario Ferruccio Belli, don Lorenzo Dell’Andrea e Alfredo Spampani.
Alla fine dell’incontro sarà possibile iscriversi all’ASC.
Il nuovo direttivo è così composto: Rina Barnabò alla presidenza, Bepi Casagrande alla vicepresidenza, Louis Bertagnin Ziano e Cristina Del Favero alla segreteria. Gli altri consiglieri sono Vittore Doro, Mario Ferruccio Belli, Ernesto Majoni e Daniele Collavino.
20 aprile Ass Stampa Cadore
RispondiEliminaPremiati a Pieve di Cadore dall’Associazione Stampa, tre noti giornalisti. Assente fisicamente Alfredo Spampani, che comunque è stato presente con una lettera, Mario Ferruccio Belli e don Lorenzo Dell’Andrea, sono stati premiati per le loro , durante l’assemblea dell’ Associazione Stampa Cadore (ASC), riunitasi sabato nella sala della Magnifica Comunità per presentarsi ufficialmente al pubblico ed agli enti. “Dobbiamo impegnarci maggiormente a valorizzare la >Cadorinità>, ha affermato don Lorenzo Dell’Andrea, nel suo intervento, ricordando che non è un valore astratto, ma una espressione di solidarietà e di unione dei cadorini. Per questo è necessario privilegiare le notizie positive e diffondere le buone notizie che nonostante tutto ci sono nei nostri paesi. Nessuno pensa di ignorare quelle brutte, ma a quest’ultime è sufficente dare solo lo spazio legato al diritto di cronaca e non enfatizzarle”. “L’Associazione Stampa Cadore, aveva affermato Rina Barnabò, presidente del sodalizio aprendo l’assemblea, che è stata coordinata dal vicepresidente Giuseppe Casagrande, raggruppa giornalisti, scrittori e operatori della comunicazione che condividono una passione speciale per il Cadore e che, pur consapevoli delle difficoltà economiche, strutturali e organizzative nelle quali versa il territorio, sono orgogliosamente consci delle risorse umane, culturali e naturali di cui dispone. Ed è proprio partendo da questo presupposto che l’associazione intende agire, con l’aiuto e il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e privati che condividono tale visione”. L’incontro ha anche offerto l’occasione per discutere di informazione in Cadore con il coinvolgimento di alcuni rappresentanti della società cadorina che possono fungere da termometro sulla percezione della qualità-quantità informativa locale. Il titolo dato all’incontro con la comunità interessata alla comunicazione è stato: “Come viene comunicato il Cadore”. Un argomento sul quale sono intervenuti Renzo Bortolot, presidente della Magnifica Comunità, Michele Nenz, in rappresentanza della Coldiretti, Claudia De Mario, animatrice culturale e responsabile del Gruppo Teatrale , Mario Manfreda, sindaco di Lozzo di Cadore, Raffaella Mario, avvocato e vicesindaco di Comelico Superiore, don Lorenzo dell’Andrea, responsabile della emittente Telebelluno e Maria Giovanna Coletti, presidente della Fondazione Centro Studi Tiziano Cadore. Al termine degli interventi, Rina Barnabò, nella sua qualità di presidente dell’ASC, ha consegnato i riconoscimenti al merito professionale ai tre colleghi che hanno dato un fondamentale contributo al giornalismo e alla cultura locali. Ha chiuso l’assemblea un intervento dello scrittore Italo De Candido, che ha evidenziato come non sempre i libri in circolazione sono esatti nella descrizione dei territori cadorini. Il consiglio direttivo dell’ASC che è stato eletto all’inizio del 2012, vede Rina Barnabò alla presidenza, Bepi Casagrande, (che tra l’altro è stato scelto per l’incarico di Caporedattore della sede RAI di Bolzano), alla vicepresidenza, Louis Bertagnin Ziano e Cristina Del Favero alla segreteria. Gli altri consiglieri sono Vittore Doro, Mario Ferruccio Belli, Ernesto Majoni e Daniele Collavino.
6 MAGGIO Gemellaggio poesia
RispondiEliminaPieve di Cadore, città della cultura 2004, nel fine settimana ospiterà il gemellaggio culturale tra “Laboratorio di parole- Circolo La fattoria” di Bologna e il “Club della Poesia e del Teatro” legato alla Biblioteca civica di Pieve di Cadore. Parlare di poesia in Cadore non è un avvenimento raro, com’è emerso con la prima edizione della Festa della Poesia del settembre 2012, che ha coinvolto centinaia di persone. Anche in questo caso si tratta di una iniziativa che nell’Alta Provincia di Belluno coinvolge molti appassionati, perché è uno dei rarissimi eventi di questo tipo esistenti in Italia. L’idea della Festa della Poesia è nata nella mente di Antonio Alberti, che dopo un primo esperimento che ottenne un discreto successo con l’edizione del 2011. Il gemellaggio di sabato prosegue su questa strada. “Quello fu, spiega, un esperimento che ha fatto emergere la volontà di un gruppo di appassionati di ritrovarsi per recitare ed ascoltare poesie, come si faceva una volta attorno al camino o nei salotti buoni”. “La proposta, spiega Pierluigi Gatti, trovò subito un terreno favorevole nel “Club della Poesia e del Teatro” legato alla Biblioteca civica di Pieve di Cadore, con il quale è presto nata una fattiva collaborazione per l’organizzazione di questo tipo di manifestazioni”. “Stiamo lavorando all’organizzazione del gemellaggio da almeno 6 mesi, ha affermato Antonio Alberti, perché organizzare un gemellaggio culturale tra il nostro club e “Laboratorio di parole- Circolo La fattoria di Bologna”, ha voluto dire mettere insieme le esigenze di molte persone. Un gemellaggio nato grazie alla frequentazione del nostro Club della scrittrice Fosca Andraghetti, grande amica del Cadore, dove ha presentato anche i suoi libri. L’incontro, che vedrà la partecipazione anche del “Coro Rualan” di Valle di Cadore diretto da Paola Meneghini, inizierà alle ore 17 di sabato 11, nell’Auditorium Cos-mo. L’ingresso è libero.
Don Giovanni Belli 1^ Parte
RispondiElimina“Se si voleva trovare don Giovanni Belli, bastava andare in cantiere. Se c’era bisogno di lui in chiesa o in canonica, metteva la tonaca sopra il toni ed era perfetto”. Così don Osvaldo Belli, cappellano di Pieve di Cadore, descrive la personalità del parroco di Tai durante la costruzione della Casa di Riposo, intitolata a Giovanni De Polo, e ora di proprietà del Comune di Pieve. Il ricordo di don Osvaldo è inserito nella biografia del sacerdote, scritta da Paolo Giacomel e pubblicata in questi giorni dalle Grafiche Sanvitesi. Don Giovanni Belli fu un sacerdote che per il suo stile di vita: “parroco missionario dei poveri più poveri”, sarebbe piaciuto molto a Papa Francesco, un pontefice che, probabilmente, segue il suo stile di vita, anche se il nuovo papa non sarà mai un costruttore di chiese, come fu don Giovanni, tanto che negli anni successivi fu chiamato “il prete costruttore”. Un titolo meritato, perché oltre alle case di riposo per anziani e disabili, don Giovanni di chiese ne costruì 18, tutte belle ed accoglienti e senza mai avere un soldo in tasca. La sua figura è ancora molto conosciuta e ricordata in Cadore, perché è stato, prima cappellano ad Auronzo e Pieve, poi primo parroco di San Candido di Tai, successivamente parroco di San Nicolò di Comelico e, infine, nel 2005, cappellano e confessore a Cortina d’Ampezzo. Se nelle prime due parrocchie il suo ruolo era stato in un certo senso marginale, arrivando alla nuova parrocchia di San Candido, si trovò immerso in problemi, come la sistemazione della chiesa e della casa canonica, che richiesero molto lavoro, problemi risolti solo grazie alla stretta collaborazione con la popolazione e che fecero emergere tutte le sue qualità di progettista, di organizzatore e di lavoratore. Ma il nuovo e giovane parroco non si perse d’animo e, tirate sù le maniche, partì alla carica per realizzare quanto lui aveva in mente: restaurare la canonica, le chiesa di San Candido e Damos e ..... una casa di riposo per rispondere concretamente alle richieste dei parrocchiani anziani. Non potendo fare da solo, chiamò gli Studenti Universitari Costruttori dell’Università di Padova che nel corso di tre estati diedero alla Comunità di San Candido la casa di riposo tanto attesa. Partito da Tai improvvisamente e silenziosamente – nemmeno i suoi superiori ne erano a conoscenza- il 15 giugno del 1974, diede l’addio al Cadore spostandosi a Tortona, in provincia di Alessandria, dove fu accolto tra i sacerdoti di don Luigi Orione per lavorare nella “Piccola Opera”. L’esperienza degli 11 anni trascorsi a Tai stabilì, sia con lui, sia con le persone che lo frequentarono, un legame che si spezzò solo con la morte, ma che accompagnò il prete e i suoi ex parrocchiani per il resto dell’esistenza e che ancora oggi parlando di lui con le persone ancora in vita, ritorna subito a galla, riscoprendo una nostalgia infinita, ma dolcissima. Sentimenti che sono racchiusi nelle belle pagine che il biografo è riuscito a tradurre in parole, leggendo le quali non è possibile fermare le lacrime. A Tortona rimase 3 anni, giusto il tempo da mettere in pratica le sue capacità di costruttore, recuperando e ristrutturando il vecchio seminario, trasformandolo in un ambiente accogliente in grado di consentire una vita dignitosa ai disabili psichici e fisici. Nella sua avventura di “impresario” (dicevano che don Giovanni era un uomo in tuta con sopra la tonaca) proprio grazie al suo legame con Tai e il Cadore, coinvolse amici, imprenditori e volontari, con i quali portò a termine la sua prima missione in Piemonte. La sua azione proseguì anche in campo agricolo ed in quello assistenziale: “non si fermava mai, scrive Giacomel, se non per pregare; il resto del tempo lo passava ad assistere gli ammalati, i moribondi e assisteva tutti coloro che ne avevano bisogno, sempre contraccambiato con affetto”. segue
Seconda parte
RispondiEliminaSu invito del vescovo di Tocantinopolis, Cornelio Chizzini, il sacerdote decise di trasferirsi in Brasile, per >assistere i poveri più poveri<. Gli venne affidata la parrocchia di Carmolandia, una delle più grandi, a 150 chilometri da Brasilia. Quì riattivò il collegamento con gli amici di Tai, realizzando un gemellaggio che per molti anni darà copiosi frutti. Costruisce due chiese, come scrive agli amici di Tai, ma si lamenta di non poter lavorare insieme agli altri: “sono sempre in giro per Matrimoni, catechesi, Messe, Battesimi e incontrare gente spersa nelle foreste. La vita da missionario è bella, conclude: sete, polvere, fame, stanco ma soddisfatto”. Don Giovanni Maria Belli Franceschin nacque il 15 settembre 1928 a San Vito di Cadore e morì il 7 novembre 2008 in un ospedale a Como. Dopo aver frequentato le Scuole Elementari nel paese natale, decise di scendere a Belluno per frequentare l’Istituto Tecnico Industriale perché si sentiva molto portato verso tutti i lavori manuali e in quelli dove l’ingegno umano poteva esprimersi. I genitori decisero di metterlo a convitto nell’Istituto Salesiano Antonio Sperti, dove ben presto si fece notare per la sua capacità organizzativa e manuale. Fu quì, allo Sperti, che maturò il desiderio di farsi sacerdote. Fu consacrato nel 1955, insieme a don Renzo Marinello, don Luigi Unterbergher e don Alfredo Murer. Subito dopo l’ordinazione, fu inviato come cappellano a Reane di Auronzo, dove rimase fino a quando, nel 1957 lo zio monsignor Angelo Fiori non lo volle con lui a Pieve. La pievania fu il trampolino di lancio per la sua attività religiosa e assistenziale perché il 23 settembre 1963 divenne il primo parroco della parrocchia di San Candido di Tai, dove era già conosciuto perché ogni domenica alle 8 celebrava una santa Messa. Undici anni di lavoro intenso, quasi un apprendistato, che mise in pratica intensamente ed incredibilmente nelle tante successive missioni in Italia e all’estero: dopo Tai, la Piccola Opera di don Orione, per sei volte missionario in Brasile; parroco a San Nicolò di Comelico; missione in Albania e in Equador e per ultimo, cappellano e confessore a Cortina. Ottant’anni di vita vissuta intensamente nella ricerca, come Madre Teresa di Calcutta, di alleviare le sofferenze degli altri e nello stesso tempo propagandare la fede, avendo sempre nel cuore il suo Cadore. La biografia è stata commissionata dalle Regole di San Vito e da Claudia e Paola, due nipoti di don Giovanni. Il volume è disponibile alla Cooperativa di San Vito.
30 luglio redosola
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
“E’ arrivato il momento che la legge statale n° 482 del 1999 che ha sancito l’inserimento della “Lingua Ladina” tra le 12 lingue minoritarie italiane, abbia piena applicazione”. Lo chiedono le associazioni ladine costituite nelle vallate dell’Alta Provincia di Belluno. Tra le norme sinora disattese, l’obbligo agli accompagnatori dei turisti nelle zone ladine (Cadore, Zoldo, Agordino, Ampezzo, Livinallongo) che sono in possesso del tesserino provinciale, a conoscere, oltre alle tradizionali materie d’esame, tutto ciò che riguarda il “mondo ladino”, compresa la lingua, le tradizioni e la cucina. La Provincia di Belluno, pur sollecitata più volte direttamente o tramite articoli di stampa, sinora non ha battuto un colpo, ignorando il problema e contravvenendo in questo modo alle norme di legge. Partendo da questo concetto, una pubblicazione che è entrata in commercio lo scorso 27 giugno, si propone d’innovare il settore delle guide culturali e turistiche del Centro Cadore, valorizzando appunto l’ appartenenza di questo territorio al mondo ladino. Per questo la guida è bilingue: italiano e ladino. Oltre agli escursionisti e agli appassionati di storia locale, risulterà particolarmente utile agli accompagnatori dei gruppi di turisti in vacanza nelle località ladine. “Sui sentieri della Redosola – sui troi de la Redosola”, questo il titolo della guida, è relativa alla zona di Nebbiù, nel Comune di Pieve di Cadore e dei suoi dintorni. Affronta in poche pagine e in modo completamente nuovo, gli argomenti che rendono indimenticabile una vacanza: la conoscenza storica della località dove si trascorre, le sue tradizioni, le leggende locali, i piatti tipici e le escursioni possibili e sicure. Tutto condensato in un unico libretto, scritto nelle lingue italiana e ladina, ricco di nove proposte di itinerari, ognuno dei quali corredato da un’apposita cartina topografica sulla quale è segnata la strada da percorrere. Sono 68 pagine ricche di fotografie, che illustrano non solo Nebbiù, il paese al quale fa riferimento, ma anche i suoi dintorni, ovvero le località di partenza degli itinerari: Pozzale, Tai, Pieve e Valle. La parte storico-descrittiva del paese, delle sue chiese, delle sue leggende e della sua cucina, è bilingue, mentre le escursioni – per motivi di sicurezza- sono descritte solo in lingua italiana. Interessanti anche le fotografie, tra le quali alcune del fotografo Frol (Franco Oliveri), per scattare le quali ha dovuto interpretare lo spirito che anima il paese di Nebbiù, un piccolo villaggio che nonostante il numero limitato dei suoi abitanti, riesce ad avere un livello di vita culturalmente molto elevato. Frol, con la sua fantasia è riuscito a carpire l’anima del paese, spalmandola nelle immagini che ogni persona vorrebbe trovare nella località dove cerca un po’ di pace. Alcune di queste foto sono state poste a disposizione degli appassionati che ne possono ottenere una copia, anche ingrandita. La guida è stata pensata anche in funzione della Settimana Nazionale dell’Escursionismo del CAI che il Cadore ospiterà dal 29 Giugno al 6 Luglio del 1914, per celebrare il centenario della prima sezione cadorina. Edita dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, con il patrocinio dell’Unione Ladina del Cadore de Medo, dell’Associazione Stampa Cadore e del BIM, è disponibile in molti punti vendita di Nebbiù, Valle, Caralte, Calalzo, Tai, Pieve e Pozzale e sul web all’indirizzo http://annunci.ebay.it/annunci/post/50983460.
Tra alcuni giorni sarà reso noto un calendario dove sarà presentata e dove sarà possibile incontrare l’autore.
28 LUGLIO MURALES VIVENTI 13
RispondiEliminaCIBIANA DI CADORE prima parte
Cibiana con la manifestazione dei Murales Viventi ha portato allegria, turismo e cultura in un Cadore che in questo momento sembra abulico, addormentato. La sveglia l’ha data Cristine Zandanel, consigliere comunale e delegata al turismo di quel paese, che insieme ai suoi collaboratori e al Comitato organizzatore ha fatto vivere alla grande non solo il paese di Cibiana, ma anche tutti coloro che lo hanno visitato in questi giorni. Significative le sue dichiarazione all’imbrunire di domenica.
“Posso solo ringraziare per il lavoro di tanti volontari e la fantasia degli organizzatori che in un misto d’iniziative, ha decretato il successo pieno e inaspettato dei Murales Viventi di quest’anno, ha affermato. Anche il tempo ci ha data una mano. Non ho parole, ha aggiunto, per esprimere la mia soddisfazione per la riuscita di una manifestazione che non aveva mai visto una partecipazione sia di artigiani, volontari e visitatori, come ieri e oggi. Anche sabato sera abbiamo avuto ospite un’orchestra di Ferrara che ha suonato per oltre due ore portando la musica davanti a tutti i Murales Viventi, sollevando ondate di entusiasmo e di allegria. Abbiamo fatto di tutto perché i visitatori si sentissero a casa loro e ci sembra di esserci riusciti”. L’allegria portata prima dall’orchestra ferrarese, poi dai vari cori che si sono esibiti con dei miniconcerti agli angoli delle strade, ha reso Cibiana di Sotto, dove si è svolta la manifestazione, una borgata viva, come da tempo non si vedeva. Un grande aiuto lo ha dato il trio musicale dei “Rustek” di Zoldo che sistemati in posizione leggermente defilata, hanno movimentato tutto il pomeriggio di domenica la piazza, sulla quale alcune ragazze guidate dall’organista Santo, hanno danzato facendo impazzire gli spettatori. Come annunciato alla vigilia, sono state e interessanti le novità di quest’anno all’interno della manifestazione dei “Murales Viventi che si è conclusa con una grande serata musicale sotto il tendone di Cibiana, terminata ben dopo la mezzanotte.
MURALES VIVENTI SECONDA PARTE
RispondiEliminaDagli gnomi del bosco che hanno catturato la fantasia dei bambini più piccoli, alla numerose esposizioni d’arte, tra le quali i quadri di Renata Olivotti alle pirografie di Bianchi, non dimenticando i numerosi scultori in legno e intagliatori vari. Sempre in legno, molto interessanti gli oggetti di uso quotidiano che hanno convinto anche le massaie più restie ad acquistare qualche pezzo. In questi due giorni Cibiana di Sotto è stata raggiungibile sono a piedi, perché l’organizzazione aveva chiuso le strade di accesso alle auto, creando così una maxi area pedonale che ha consentito la massima libertà di movimento anche ai bambini. Il percorso logico iniziava con il murales dei campioni di una volta, subito sotto la chiesa di San Lorenzo, per proseguire con il murales del gelatiere, dove per tutto il giorno si sono susseguiti personaggi noti e meno noti legati al mondo del gelato, ad iniziare dalla famiglia Bortolot, alla Famiglia ex Emigranti del Cadore. Importante anche l’esposizione di documenti e fotografie dell’ultimo secolo realizzata dalla maestra Liviana Bianchi nella quale molti visitatori si sono riconosciuti. Infine, tra le novità di rilievo, che però non si è conclusa come la manifestazione, ma proseguirà fino al 1° settembre, la mostra di elaborazioni fotografiche che il fotografo d’arte Franco Oliveri, in arte Frol, ha montato nella sala superiore del Museo del Ferro. E’ una esposizione che oltre alle elaborazioni tipiche dell’artista, consente di vedere anche sotto un altro aspetto i 56 murales del Museo all’aperto di Cibiana, che solo la fantasia di un artista può proporre. Sempre all’interno dell’esposizione è consultabile anche la pubblicazione bilingue (italiano –ladino) “Sui sentieri della Redosola”, alla quale Frol ha collaborato con delle foto che consentono di gustare l’ambiente cadorino con un occhio più consapevole. Contemporaneamente alla mostra il visitatore ha la possibilità di seguire un video su Cibiana, con la sua storia, la sua economia e la sua cultura.
26 agosto TURISMO E IDENTITA'
RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
“Perché oggi il turismo cadorino non è più una risorsa, ma sta diventando un problema? Il motivo è semplice: in questi anni per aver successo, un territorio deve esprimere . Grazie all’esistenza del mondo ladino, le Dolomiti possono vantarla: il popolo ladino è un fortissimo brand equity (risorsa immateriale del territorio), ma è in Cadore è poco valutato. Eppure, è l’unico modo per sopravvivere in questo mondo globalizzato che non ricorda più le culture dei popoli”. Lo ha affermato Giannandrea Mencini, giornalista e scrittore, presentando mercoledì 21 agosto a Pieve di Cadore il suo ultimo libro “Il Turismo a Venezia e nel Veneto” e “Sui Sentieri della Redosola”, patrocinato dall’Associazione Stampa Cadore. E’ stato molto esplicito Mencini, grande amico delle Dolomiti e del Cadore, quando ha fatto presente il ritardo culturale, in senso indentitario e tecnologico, che, non solo il bellunese, ma l’intera Regione Veneto, lamentano oggi. “La stessa Venezia, ha aggiunto, non è più ai primi posti nel gradimento del turismo internazionale, perché se è vero che come città esiste ancora, non ci sono più i veneziani, che è ciò che cercano i turisti di tutto il Mondo”. “Chi cerca un luogo dove andare in vacanza, ha
aggiunto Vittorio Pierobon, coautore del volume edito dalla Casa Editrice Supernova, a causa di Internet ha la possibilità di sceglierlo in tutto il globo. Le varie culture sono a portata di e solamente un territorio con una forte identità può convincerlo a scegliere una destinazione. Perciò, ha aggiunto, se il Cadore e il Veneto vogliono mettersi in mostra non hanno altra strada che il web dove proporre una “sua identità unica”. Il Trentino - Alto Adige lo fa già e i risultati sono sotto gli occhi di tutti”. Dello stesso avviso anche il vicepresidente della Magnifica Comunità di Cadore Emanuele D’Andrea, secondo il quale il campanilismo esistente in Cadore impedirà delle azioni coordinate tra i vari paesi del territorio. “Un caso emblematico, ha affermato, è quanto sta succedendo in Valle del Boite proprio in questi giorni, dove invece che cercare di unificare la locale comunità montana con quella del Centro Cadore, pur di mantenere il campanile è stato scelto di spostare il Comune di Valle nella loro, mantenendo in piedi un carrozzone”. E’ quindi intervenuta la vicepresidente della Federazione
dei Ladini del Veneto, Francesca Larese Filon, che presentando “Sui Sentieri della Redosola”, la guida edita in italiano e ladino edita dalle edizioni Tiziano, posta in vendita in queste settimane, ha avvallato la validità della scelta bilinguistica, proprio perché non è più possibile trasmettere solo oralmente la lingua e le tradizioni ladine. “Con i mezzi di comunicazione attuali, ha affermato, pensare di trasmettere oralmente una lingua è solo utopico. E’ quindi importante avere delle testimonianze scritte che possano fissare le lingue minoritarie con una grafia semplice e a portata di tutti”.
PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaLa lingua ladina, grazie ad un pubblicazione presentata alla fine di giugno, è entrata a pieno titolo nell’ambito delle guide culturali del Centro Cadore. Edita dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, la guida “Sui sentieri della Redosola” affronta in modo completamente nuovo gli argomenti che rendono indimenticabile una vacanza: la conoscenza storica della località dove si trascorre, le sue tradizioni, le leggende locali, i piatti tipici e le escursioni possibili. Inoltre, grazie al fatto di essere scritto nelle lingue italiana e ladina, risulta essere il primo esempio di guida in grado di far conoscere l’identità del territorio descritto sotto gli aspetti che sono i più cercati dal : tradizioni, storia, leggende, arte e…. cucina tipica ladina. Tutto condensato in un unico gradevole libretto, scritto nelle lingue italiana e ladina, ricco di nove proposte di itinerari, ognuno dei quali accompagnato da un’apposita cartina topografica 1: 25000, sulla quale è segnata la strada da percorrere. Sono 68 pagine ricche di fotografie, che illustrano non solo Nebbiù, il paese al quale fa riferimento, ma anche i suoi dintorni, ovvero le località di partenza degli itinerari: Pozzale, Tai, Pieve e Valle. La parte storico-descrittiva del paese, delle sue chiese, delle sue leggende e della sua cucina, è scritta in italiano e ladino, mentre le escursioni – per motivi di sicurezza- sono descritte solo in lingua italiana. All’interno della guida ci sono anche alcune fotografie realizzate appositamente da Franco Oliveri, in arte Frol, con l’intenzione di rimodernare l’album fotografico dei paesi centrocadorini. Il risultato è notevole, anche perché il suo autore è riuscito ad entrare nell’anima del paese, interpretandola con le immagini che ogni persona vorrebbe trovare nella località dove cerca un po’ di pace. Alcune di queste foto sono state poste a disposizione degli appassionati che ne possono ottenere una copia, anche ingrandita. “Sui sentieri della Redosola”, pubblicata dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, con il patrocinio dell’Unione Ladina del Cadore de Medo, dell’Associazione Stampa Cadore e del BIM è stata pensata anche in funzione della Settimana Nazionale dell’Escursionismo del Club Alpino Italiano (CAI) che il Cadore e Cortina ospiteranno dal 29 Giugno al 6 Luglio del 1914 per celebrare il centenario della prima sezione cadorina. La scelta del paese di Nebbiù come primo esempio da seguire per realizzare delle guide in grado di fornire ad ogni paese cadorino la possibilità di “fissare per iscritto” i suoi valori tradizionali e salvarli così dal succedersi delle generazioni, è motivata dal fatto che questa località nell’ottobre del 1980, ha visto nascere l’Union Ladina del Cadore de Medo, oggi una delle più affermate associazioni ladine del Veneto. La guida è disponibile al costo di 10,00 €uro in molti punti vendita -compresi bar, negozi e rifugi- di Nebbiù, Valle, Tai, Pieve e Pozzale, Caralte, Calalzo, Laggio, Cibiana. Inoltre è reperibile sul web all’indirizzo http:// annunci.ebay.it/annunci/post/50983460, oppure chiedendola per telefono (3397890944) o all’indirizzo e-mail assoturista@email.it.
VITTORE DORO
PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaLa lingua ladina, grazie ad un pubblicazione presentata alla fine di giugno, è entrata a pieno titolo nell’ambito delle guide culturali del Centro Cadore. Edita dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, la guida “Sui sentieri della Redosola” affronta in modo completamente nuovo gli argomenti che rendono indimenticabile una vacanza: la conoscenza storica della località dove si trascorre, le sue tradizioni, le leggende locali, i piatti tipici e le escursioni possibili. Inoltre, grazie al fatto di essere scritto nelle lingue italiana e ladina, risulta essere il primo esempio di guida in grado di far conoscere l’identità del territorio descritto sotto gli aspetti che sono i più cercati dal : tradizioni, storia, leggende, arte e…. cucina tipica ladina. Tutto condensato in un unico gradevole libretto, scritto nelle lingue italiana e ladina, ricco di nove proposte di itinerari, ognuno dei quali accompagnato da un’apposita cartina topografica 1: 25000, sulla quale è segnata la strada da percorrere. Sono 68 pagine ricche di fotografie, che illustrano non solo Nebbiù, il paese al quale fa riferimento, ma anche i suoi dintorni, ovvero le località di partenza degli itinerari: Pozzale, Tai, Pieve e Valle. La parte storico-descrittiva del paese, delle sue chiese, delle sue leggende e della sua cucina, è scritta in italiano e ladino, mentre le escursioni – per motivi di sicurezza- sono descritte solo in lingua italiana. All’interno della guida ci sono anche alcune fotografie realizzate appositamente da Franco Oliveri, in arte Frol, con l’intenzione di rimodernare l’album fotografico dei paesi centrocadorini. Il risultato è notevole, anche perché il suo autore è riuscito ad entrare nell’anima del paese, interpretandola con le immagini che ogni persona vorrebbe trovare nella località dove cerca un po’ di pace. Alcune di queste foto sono state poste a disposizione degli appassionati che ne possono ottenere una copia, anche ingrandita. “Sui sentieri della Redosola”, pubblicata dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, con il patrocinio dell’Unione Ladina del Cadore de Medo, dell’Associazione Stampa Cadore e del BIM è stata pensata anche in funzione della Settimana Nazionale dell’Escursionismo del Club Alpino Italiano (CAI) che il Cadore e Cortina ospiteranno dal 29 Giugno al 6 Luglio del 1914 per celebrare il centenario della prima sezione cadorina. La scelta del paese di Nebbiù come primo esempio da seguire per realizzare delle guide in grado di fornire ad ogni paese cadorino la possibilità di “fissare per iscritto” i suoi valori tradizionali e salvarli così dal succedersi delle generazioni, è motivata dal fatto che questa località nell’ottobre del 1980, ha visto nascere l’Union Ladina del Cadore de Medo, oggi una delle più affermate associazioni ladine del Veneto. La guida è disponibile al costo di 10,00 €uro in molti punti vendita -compresi bar, negozi e rifugi- di Nebbiù, Valle, Tai, Pieve e Pozzale, Caralte, Calalzo, Laggio, Cibiana. Inoltre è reperibile sul web all’indirizzo http:// annunci.ebay.it/annunci/post/50983460, oppure chiedendola per telefono (3397890944) o all’indirizzo e-mail assoturista@email.it.
VITTORE DORO
PERAROLO DI CADORE
RispondiEliminaUna 5^ edizione frequentatissima, quella dei “Ciantoi de Perarol”, allestita ieri nelle borgate del capoluogo dalla locale Pro Loco sotto il patrocinio del Comune e con il corale coinvolgimento delle varie borgate del paese. Tanto fortunata che alle 13,30 quasi tutti i Ciantoi avevano esaurito i piatti tipici. “Avevamo preparato più di 80 porzioni di casunziei, ha spiegato il responsabile del Cianton, ma sono stati distribuiti tutti in un’ora”. Lo stesso è successo per altre specialità
culinarie negli altri Ciantoi. Così, chi è arrivato dopo quell’ora, ha dovuto accontentarsi di quanto
rimasto. Per fortuna alle 15, la pasticceria ha iniziato a sfornare “waffel” caldi, riuscendo a
soddisfare anche i palati esigenti. Un successo, dunque, che è andato oltre le aspettative, come conferma Carmen Stabile, presidente della Pro Loco: “sono particolarmente contenta, ha
affermato, anche perché le previsioni del tempo non erano molto rassicuranti. Invece, il cielo ha tenuto e un po’ di pioggia è caduta solo dopo le 16. Non era andata così l’anno scorso, quando il
brutto tempo aveva rovinato la festa”. La manifestazione di ieri è servita anche per rilanciare lo “Speck del Cadore”, fornito dallo spaccio dello stabilimento di Sant’Anna. “Abbiamo conservato il
nome originale, ha spiegato l’addetto agli assaggi, perché “Speck del Cadore” è un nome molto noto e questo faciliterà l’attività dell’azienda, anche se condotta dal nuovo proprietario”. In
effetti, sono stati molti i partecipanti alla manifestazione di Perarolo che hanno visitato lo spaccio riaperto. Un paese, Perarolo, che si è reso simpatico attraverso la gentilezza delle persone addette agli stand, dove molti giovani hanno indossato l’ abito ladino. Immagini che si sono mischiate con quelle fornite dal Cianton etnico, anch’esso molto frequentato e dov’era possibile gustare il “Pollo marocchino”. Perarolo, infatti può essere preso come esempio per il
processo di integrazione che sta coinvogendo alcune famiglie di extracomunitari. Per concludere la giornata piuttosto intensa, alle 18, nell’ambito del “Progetto Officina delle Erbe”, promosso
dall’amministrazione comunale, è stato presentato in prima nazionale, alla presenza dell’autrice e della titolare delle edizioni Garatti, il volume: “I Custodi della testa del drago” di Lorena Bonato. La storia, i principi attivi e le indicazioni per l’utilizzo naturopatico dell’ ”Acqua di Melissa”.
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RispondiEliminaPIEVE DI CADORE
RispondiEliminaSarà il tema dell’abusivismo al centro dei lavori dell’assemblea che le Guide Alpine del Veneto terranno sabato a Pieve di Cadore. Le Guide Alpine del Veneto hanno scelto Pieve di Cadore per la loro assemblea. E’ l’appuntamento annuale più importante della vita associativa dei 116 professionisti della montagna veneta. L’assemblea si svolgerà Sabato 23 novembre nella sala consigliaare dello storico Palazzo della Magnifica Comunità di Cadore. I lavori si articoleranno in due momenti separati: il primo, che si svolgerà in mattinata, sarà riservato strettamente alla categoria con gli adempimenti statutari e un confronto sui problemi e sui programmi; il secondo, aperto a quanti sono interessati all’attività delle Guide Alpine, si terrà nel pomeriggio, con inizio alle ore 15. Si aprirà una sessione pubblica, che quest’anno sarà dedicata specificatamente al tema dell’abusivismo in montagna. Nel corso della sessione mattutina, che sarà aperta con la relazione del presidente Lio De Nes, saranno illustrate la situazione economico-finanziaria ed organizzativa del Collegio Veneto della categoria. Una parte del confronto sarà dedicata all’iter formativo che, anche quest’anno, ha consentito di far accedere alla professione tre nuove Guide Alpine. Altra attenzione speciale sarà riservata al codice deontologico e al nuovo regolamento. Originale e inconsueto l’approccio al tema dell’abusivismo che occuperà la seconda parte dei lavori assembleari che si svolgeranno nel pomeriggio a partire dalle ore 15. “Abbiamo invitato Massimo Viola che è uno dei legali più preparati in materia di abusivismi a livello nazionale – spiega Lio De Nes, presidente delle Guide Alpine del Veneto – ma non gli abbiamo chiesto di fare una conferenza e neppure di tenere una lezione. Tutti gli aspetti dell’abusivismo in montagna saranno sviscerati con una serie articolata di domande e risposte. In sostanza l’avvocato Viola si sottoporrà ad una intervista coordinata dal giornalista Bepi Casagrande, nella quale tutti i presenti potranno intervenire ponendogli delle domande. Sarà interessante capire quando si commette il reato di abuso della professione, quali sono le prove che devono essere fornite all’autorità giudiziaria per dimostrare l’abuso e anche quali sono le pene previste. Vorremmo, aggiung De Nes, che dall’incontro sortisse la fisionomia giuridica del professionista della montagna e delle prestazioni che può esercitare grazie all’iter formativo percorso. Vorremmo, anche, si capisse che per andare in montagna in sicurezza non ci si può affidare al primo che passa per strada o a chi si propone senza essere in grado di fornire una qualifica idonea a tutelate l’incolumità di chi vuole salire una via di roccia e compere una discesa sci alpinistica.” I propositi enunciati da Lio De Nes fanno parte di un protocollo di impegni che il Collegio Veneto insieme a quello Nazionale hanno sottoscritto come impegno da perseguire nel corso del 2014.
LA TERRA DEI GIAULI
RispondiEliminaLa fantasia e una visione del futuro viste con l’ottica moderna della ricerca dell’identità dolomitica, stanno premiando il lavoro e la creatività di Mauro Olivotto, conosciuto come “Lampo” e della sua compagna Alessandra Piller Cottrer. Dalla coppia è uscita una storia che da ciò che è emerso anche nella serata culturale di Nebbiù dello scorso 2 novembre, sta convincendo un nunero di persone sempre più numeroso ad abbinarla alle leggende e alle tradizioni popolari dolomitiche. Nel caso di Nebbiù l’abbinamento è stato con la leggenda della Redosola, ma di personaggi e storie ce ne sono altre. Tra l’altro il riconoscimento di una unità dolomitica indispensabile per recuperare posizioni nel turismo attraverso il web. La storia creata da Mauro e Alessandra narra che i Giauli, i protagonisti di un’epoca fantastica, siano esseri gnomici per metà umani e per metà albero. “Sono giunti nelle Dolomiti 250 milioni di anni fa, racconta Mauro Olivotto, di professione alpinista e scultore, loro scopritore. Dopo aver attraversato il mare eterno per raggiungere le nuove terre emerse ai confini del mondo, i Giauli si insediarono in queste nuove terre, sull'isola che oggi si chiama monte Pelmo, dove vissero in due grotte a quota 2800 metri, finchè il mare si ritirò alcuni milioni di anni dopo. Occuparono allora l'area del passo Giau e via via tutte le Dolomiti, costituendo così ”. La storia viene raccontata in un libro scritto a quattro mani da Alessandra e da Mauro e narra le loro grandi avventure, i loro incontri, i loro amori. Il volume narra dell' incontro di un umano con nonno Giusto, il più anziano e guida della comunità Giaulica, rievocando valori persi, dall’antico sapore, che solo le montagne possono custodire. Il libro è corredato da molte foto di grande qualità che conducono il lettore attraverso un viaggio nella terra e nella storia delle Dolomiti, delle sue crode, degli sconfinati panorami, dei verdi laghi, delle imponenti vette, dei freschi torrenti, raccontando vita e le avventure dei personaggi, la loro genesi, la crescita, la vita, l’incontro con gli umani e il rapporto che si è instaurato con loro. Sapientemente vestiti da Alessandra con materiali di recupero e vecchi tessuti, con un corpo in cirmolo ma con sensibilità e sentimenti tutti umani, i Giauli si possono trovare nella bottega artigiana di Mauro “Lampo” a Cortina, insieme al libro che li racconta. Al volume non poteva dunque mancare il successo che è diventato eclatante a Cortina e collegato alla di dove spesso c’è stata la fila per incontrare i protagonisti veri e quelli fantastici. I Giauli, tuttavia, nei boschi dolomitici, sono più reali di quanto si pensi. Dopo la prima uscita con Cortina InCroda al “Trento film festival”, i Giauli delle Dolomiti si sono spinti in Piemonte in occasione della più importante manifestazione italiana nel campo dell’editoria: “Il Salone Nazionale del libro di Torino”, ospiti dello stand della Regione Veneto, dove sono stati applauditi. “Il volume “Terra dei Giauli”, racconta ancora Lampo, è la punta di diamante di un progetto più ampio, che vede Alessandra e la mia persona impegnati in numerose iniziative volte a far conoscere questo fantastico mondo. Tra le novità, la possibilità che nella prossima primavera i Giauli diventino i protagonisti di un film di animazione della Disney. Intanto, dopo una visita alla sede veneziana dell’Unesco, abbiamo avuto l’assicurazione che diverranno la “mascotte” delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità Unesco”.
LA TERRA DEI GIAULI 2^ PARTE
RispondiEliminaDopo la pubblicazione del libro, nacque l’idea di organizzare un’esplorazione alle grotte del Pelmo. In collaborazione con il Gruppo “La Venta“, Lampo organizzò una spedizione che consentì di raggiungere la prima cavità nel 2011 e la seconda nel 2012. Nel corso delle spedizioni, furono rilevate, sulla spalla Ovest del Pelmo, alcune impronte di dinosauro, le più alte trovate sulle Alpi e tra le più alte d’Europa. Per celebrare la scoperta, Lampo ha costruito Ebeliss, la “DinoGiaula” – un dinosauro in legno di cirmolo - alto sei metri collocato sul Pelmo ad indicare il luogo del ritrovamento delle orme. Successivamente dalla “Terra dei Giauli”, è nato anche il film: “La Grotta dei Giauli”, di Enzo Procopio e Tono De Vivo, prodotto da Alchimia Treviso e dall’ Associazione La Venta. Il film narra lo svolgimento della spedizione alla quale ha partecipato, insieme a Lampo, un gruppo di speleologi. Racconta la conquista della vetta del Pelmo e la successiva calata per raggiungere le cavità, alla scoperta di due mondi paralleli, l'uno reale, l’altro di fantasia.
VODO DI CADORE Nona Ines
RispondiEliminaCo na festa legra e viva, nona Ines Pivirotto de Vinigo, nasesta l 14 novenbre de l 1912, à festegià 101 ane. Par chesta gran ocasion no l à volesto lassà la so “cusineta” de Vinigo, onde che l é ienesto le pocie persone invidade n pì de i parente, ruade par la sò festa. Tra cheste l fotografo Diego Landi, i Rustek de Zoldo co i so struménti, Franco (Frol) e Mirela Oliveri, l scultor Mauro Olivoto, Lissandra Piller Cottrer e .... i Giauli. Luzida come cuàn che l avéa 20 ane, l’ à fato na dichiarazion par i giornai pitosto inportante: “Me sento tanto ben. No sento i ane, anca parcé ei màssa da fei e no i penso. Magno 3 olte a l dì, ma solo piate ledier, pì che autro menestre e no pos stà senza formei! Me piase lede i giornai, cusino, fazo le fazende de ciasa, tiro su i ponte e stiro i me vestì e anca chei de i me parente. Me interesa duto chel che suzede a l mondo, ma no vardo la television: l’é màssa robe brute e pò no pos vede chi da Roma che i é quatro magnoi”! Vedua, à metesto a l mondo 5 fioi: cuatro femene e n mascio duti ancora vivi. Par ricordà la dornada l à volesto esse fotografada co Ines, la sò neoda che à 100 ane manco de ela e co la Ines de i Giauli.
AURONZO DI CADORE
RispondiEliminaLe Dolomiti hanno un nuovo cantore: è Angelo Stoppiglia. Questa volta si tratta di un pittore, che dopo averle scoperte, si è dedicato allo studio di queste montagne, analizzandone la materia e ritraendo la loro luce, scoprendo così un nuovo filone artistico che, a parte il sappadino Pio Solero, nessun altro artista cadorino del pennello aveva mai individuato.
Forse lo aveva capito Fulvio Della Libera - racconta Stoppiglia - ma è morto troppo presto per sviluppare questa intuizione. Sono più di 16 anni che trascorro il mio tempo in Cadore, prosegue, il pittore, realizzando mostre e dipingendo vari soggetti, tra i quali ci sono anche dei panorami. Mi sono avvicinato artisticamente alle Dolomiti solo alcuni anni fa, quando ho realizzato un’opera sulle Tre cime di Lavaredo, in occasione di una rassegna di cori fatta ai loro piedi, della quale ho fatto anche delle cartoline firmate. Mi sono però accorto che avevo sì ritratto la montagna, ma non ne avevo colto l’essenza, né la luce così particolare. Una constatazione che ho fatto anche osservando le opere dei pittori cadorini, le opere dei quali risultavano belle, ma senza un’anima. Da quel momento, il mio atteggiamento verso le Dolomiti è cambiato, ed ora le ritraggo nei loro vari momenti nei quali la luce mi stimola emotivamente. Con questo ora cerco di coglierne l’essenza, le variazioni di luce, quasi in una sequenza fotografica. Ora la mia pittura più che ritrarre una montagna, ne cattura l’attimo più bello e più significativo, quasi la stessa emozione che prova un fotografo che attende l’alba per cogliere la luce più adatta per fissare l’attimo di maggior emozione per lui, e probabilmente anche per chi guarderà l’immagine».
Nato a Bassano nel 1938 Angelo Stoppiglia abita ad Auronzo, in località Ligonto, da due anni. In precedenza ha vissuto 6 anni a Suppiane di Venas, ed in altri paesi cadorini. In Cadore è noto, oltre che per le sue esposizioni sempre ammirate e fortunate, anche per la sua generosità. E’ suo, infatti, lo «studio di maternità», divenuto una stampa servita per raccogliere finanziamenti per l’ospedale di Sololo, in Kenya. Con i pittori cadorini non ha legato molto.
Stoppiglia ritiene indispensabile che rinasca la Tavolozza Cadorina, non solo come sodalizio, ma anche come laboratorio, dove tutti possano attingere nuove esperienze.
IMMAGINE E IMMAGINARIO NELLA PROMOZIONE DEL TERRITORIO
RispondiEliminaOggi il mercato turistico cerca di specializzarsi per offrire al consumatore un prodotto ad hoc; il processo di globalizzazione spinge così ogni luogo turistico a costruirsi un’identità forte e riconoscibile all’interno dell’immaginario collettivo. Tutto affinché la promessa e i relativi vantaggi della meta turistica possano essere chiari e ben distinti da altre proposte.
Il complesso immaginazione/immaginario rappresenta senza alcun dubbio la causa più rilevante della scelta turistica: si vuole soddisfare un bisogno di realizzazione dell’immaginario che è in noi, per concretizzare l’immagine sognata nel desiderio.
L’immagine della destinazione, l’immagine del prodotto turistico giocano un ruolo importante perché, data la prevalenza degli aspetti immateriali, influenzano le scelte, le aspettative e, in generale, tutto il processo di acquisto.
IMMAGINE E IMMAGINARIO 2^ PARTE
RispondiEliminaPer questo, è di estrema importanza che il prodotto turistico sia accompagnato dallo sviluppo delle altre componenti (servizi, informazione, attrazione, elementi di accesso). Il grado di soddisfazione del turista, infatti, è inversamente proporzionale alla divergenza tra immagine proposta e realtà percepita. L’immagine del prodotto turistico risente, inoltre, di una fragilità intrinseca legata, da un lato alla particolarità e all’unicità dell’esperienza individuale del turista, dall’altro all’immagine spesso stereotipata del luogo.
Le strategie di marketing, per lo sviluppo di sistemi turistici, sono determinanti per accaparrare un posto nell’immaginario collettivo?
La comunicazione per il turismo è diventata sempre più un abile azione di infomarketing, in stretta relazione con la comunicazione pubblica in funzione culturale e con la mediazione interculturale. Oggi le strategie mettono in risalto questo pseudo-rapporto fra culture, presentando come punto di forza il life-style di ciascun Paese. L’utilizzo di una certa immagine territoriale provoca inevitabilmente il consumo di alcune componenti territoriali a scapito di altre.
È necessario comunque uno sforzo culturale maggiore: la comunicazione interculturale è l’elemento di base per uscire dalla logica della differenza, tanto cara al marketing contemporaneo, ed affrontare la situazione da una prospettiva sociologica nuova, dove il rispetto dell’altro nasce e si sviluppa soprattutto in ragione del fascino di “un’esperienza altra”.
Le strategie di sviluppo in una qualsiasi località sono strumenti per creare identità del territorio. Identità, che è fortemente sostenuta anche dalla cultura e, quindi, dalle persone che vivono all’interno della comunità. Esiste una coevoluzione e codeterminazione fra questi due aspetti; non è possibile creare forti discrepanze fra promesse (turistiche) e percepito.
Il turista interagisce con la comunità e, nello stesso tempo, riesce a modificare l’offerta turistica attraverso il proprio sguardo, in questo senso possiamo notare come la domanda influenza l’offerta e non viceversa. La promozione è quindi tenuta a considerare anche quest’ultimo aspetto, dove la comunicazione si trasforma in un rapporto di scambio e di relazione fra più culture.
Nel processo di comunicazione fra diverse culture intervengono specifici fattori culturali che modellano il giudizio e la percezione in ognuno di noi
Secondo la sociologia visiva lo sguardo non è soltanto influenzato dalle strategie di marketing e dalla promozione pubblicitaria, poiché esistono anche fattori storici, culturali ed esperienziali che influiscono sul nostro modo di osservare la realtà.
IMMAGINE E IMMAGINARIO 3^ PARTE
RispondiEliminaÈ indispensabile capire il processo e lo sviluppo dell’immagine e dell’immaginario. In questa analisi è importante soffermarsi sull’importanza dell’esistenza di stereotipi. Essi tendono ad influenzare la nostra percezione in modo uniforme, ma sono anche lo strumento principale per creare aspettative, stimoli e curiosità rispetto a qualcosa o qualcuno che non conosciamo, che in un certo senso ci è “poco familiare”. Sono queste aspettative che creano le basi di un rapporto fra culture, che sottolineano la presenza dell’altro e che quindi, mettono in luce una diversità che prima non si conosceva.
Gli stereotipi cercano di influenzarci a credere che non esiste una sola cultura e che la diversità possa essere conosciuta. Questo, che può sembrarci un paradosso (lo stereotipo uniforma il nostro giudizio, ma al contempo ci dice che non esiste solo un giudizio), è parte del processo di comunicazione sul turismo.
4^ PARTE
RispondiEliminaSe da un lato, gli stereotipi sono legati ad una percezione passiva ed omogenea della cultura e dell’uomo, dall’altro lato le immagini rappresentano una molteplicità di schermi, che hanno il potere di influenzare il contesto nel quale stiamo guardando, la loro caratteristica è di essere un concetto meno definito, più nascosto.
All’interno di questo processo di sviluppo di stereotipi ed immagini, è fondamentale capire il ruolo apportato da ciascuna cultura, sia quella di appartenenza sia quella in cui si è ospiti: è interessante sottolineare come questa produca valori profondi, interni alla società, che influenzeranno la creazione degli stereotipi e lo sviluppo dell’immaginario collettivo a sua volta. Inoltre consideriamo che esiste una dialettica che nasce durante l’incontro fra due o più culture e spinge le stesse ad un dinamico processo di evoluzione.
La cultura svolge un ruolo centrale all’interno del rapporto turismo e comunicazione
Vorrei sottolineare come sia possibile creare delle semplici attese attraverso la comunicazione, infatti interpretando il messaggio che ci viene fornito, possiamo crearci una prima idea sulla popolazione del luogo. Ma è assolutamente necessario sottolineare che la ricerca di informazioni, in presenza di un alto livello di rischio percepito, richiede una fonte degna di fiducia e di credibilità; è in questo contesto che si inserisce l’immagine del luogo turistico. Ho parlato di un alto livello di rischio percepito perché, “il prodotto” (la vacanza in sé) è intangibile se non nel momento della sua produzione, quando cioè ne godiamo gli effetti. Ecco perché le aspettative giocano un ruolo centrale e determinante nel processo di percezione dell’identità di un Paese, esse influiscono e sono influenzate a loro volta dalle immagini e dagli stereotipi nell’incontro fra più culture.
Il ruolo del turista e quello della comunicazione
Possiamo facilmente intuire come l’importanza del viaggio sia uno strumento fondamentale per divertirsi, ma soprattutto conoscere ed interpretare la cultura e l’identità del luogo. Il viaggiatore è indotto ad un processo di maturazione nel corso delle sue esperienze di movimento, egli sviluppa una sempre maggiore autonomia e accettazione di ciò che è qualitativamente diverso.
Il turista non è solo legato a logiche prettamente razionali ed economiche, perché la componente emotiva gioca il ruolo principale sia nell’elaborazione della vacanza (influenza: bisogni, motivazioni, aspettative ed immaginario), sia durante la stessa esperienza.
5^ PARTE
RispondiEliminaLe dimensioni percettiva ed emotiva nell’esperienza turistica sono di elevato impatto. Oggi le strategie di promozione turistica tendono a voler influenzare queste emozioni attraverso la comunicazione. È possibile lavorare sia sul contesto sia sull’immagine di un territorio per far si che vengano risaltate certe peculiarità a discapito di altre, si tenta di creare uno spazio (space packeging) tramite lo strumento del comunicare. Questo, a mio avviso, potrebbe rappresentare un arma a doppio taglio; se, infatti, da una parte si arricchisce di comunicazione un determinato prodotto turistico (località), promuovendolo al fine di soddisfare un preciso bisogno, dall’altra parte, l’esperienza del viaggio e la bellezza di un soggiorno perdono parte di quel carattere, di quella identità che la cultura può trasmettere. L’incontro con una cultura altra rischia di perdersi nell’incontro fra stereotipi e immaginario, diventando un processo di relazione fra due linguaggi, due modi di comunicare dove il turista non può esprimersi liberamente.
La comunicazione ci aiuta a capire, creare aspettative, curiosità ed interesse verso “il mondo extra-ordinario”, ma non dovrebbe sostituirsi o scavalcare l’individuo che pure è coinvolto in questi processi: essa rappresenta uno strumento e non è propriamente il fine dell’esperienza turistica.
La comunicazione interculturale o, meglio, il rapporto consapevole e responsabile fra culture sarà alla base di una nuova coscienza del turista. In un mondo che spinge verso il mercato globale, la comunicazione del turismo deve farsi carico dell’importanza (non solo economica) dello sviluppo di una convivenza globale, all’interno della quale ogni soggetto (con le proprie differenze culturali, politiche, sociali…) possa sentirsi “cittadino del mondo”.
CADORE
RispondiEliminaGran suceso, anca par television, de la dente de Val de S. Martin “Viajo nte l mondo pasà”, che co i so atreze e pì de 20 parsone vestide in ladin, à ocupà medo padijon de la fiera de Longaron, par la Espo Dolomite Unesco a la fin de setembre. L’ é n interese senpre pì gran n torno a l Cadore e a i Ladin, a le so tradizion, a la so lenga, a la so cusina. L laoro fato co l marketing e co le nuoe publicazion, ades da i prime frute. Anca i inpiegate de la Magnifica Comunità e de la Federazion de i Ladin de l Veneto, che i e stade a la Expo Dolomite de Longaron i é de la stesa opinion. “Podon dì de esse contente de come l’é andà l Expo, i a dito i inpiegate che i é stade 4 dì a la fiera. Anca se avon vendesto manco libre de l’an pasà, son stade meraviade de l interese dimostrà verso la publicazion de la Magnifica e de Nuovo Cadore.it “Cadore Tera Magica” che dute i tolea sù. Avon vendesto in tin de duto: da la storia, a la pitura e a le fiabe scrite in ladin”. “Per l’Istituto Ladin de la Dolomites, a la fiera era l so diretor Ernesto Majoni. “La presenza a l Expo Dolomite Unesco de Longaron é n momento inportante par fei conose l mondo ladin de Belun. L é par chesto che l’Istituto à impegnà dute le so struture e tante volontari n te na operazion cultural e de marketingt, che de certo portarà a na pì granda conosenza de chesto mondo, tanto inportante incoi, se penson a la globalizazione de l informazion. Duta l operazion Expo Dolomite, ha dito Majoni, é stada messa n pié d acordo co n le autre asociazion e unioni ladine de l teritorio n te la Federazion de i Ladin de l Veneto. Co n lori avon messo n pié un stand par dute le union, par rende pì visibile le publicazion stampade e distribuide da l’Istituto. N pì, avon laurà anca in colaborazion apede a la Magnifica Comunità. I é stade n tante che à vede n interese che é drio a cresse par duto l mondo ladin, n particolare da i vilegiante che rua da le autre provinzie”. Tanta dente à vedù anca la presentazion de l DVD “Mia terra dolomitica” curà da la zoldana Loredana Pra Baldi. Doménia é sta la presentazion de l libro “Su i Troi de la Redosola” stanpà da la “Tiziano Edizioni” co n la partecipazion de Francesca Larese Filon e de le doi “Suò Battaglia” direte da Cosimo Mascolo, che à ciantà le storie de l emigrazion, scoltade da tanta dente comossa.
Cialauz
RispondiEliminaN disco n lenga ladina cianterà la voja de i emigrante de tornà a ciasa. Daspò l gran suceso n te l ultimo dì de la Esposizion Dolomiti Unesco a Longaron, co la presentazion de “Sui troi de la Redosola”, le suò Deborah e Roberta Battaja e l conpositor Cosimo Mascolo, i vol fei n disco co in te le cianzon n lenga ladina che le cianta ele. L disco, che se ciama “Fioi de chi che migra”, sarà pagà da l Union Ladina de l Cadore de Medo e l sarà conpletà da n libret co le parole de le cianzon. La publicazion dovarae ese pronta par le oramai vizine feste natalizie. Le cianzon e l fasino de le suò Battaja nasse come i famose “I Bellumat”: l emigrazion e la voja de tornà a ciasa, a la Patria lontana lasasa solo per l laoro. “Le suò Bataja é nasesto daspò che ei ciatà na vos solista nuoa n t el coro de Calauz: l era Roberta, conta Mascolo, autor de le musiche e de le parole de le cianzon cantade da “Le suò de Cialauz”. Co sta tosata, quan che preparao na cianzon per andà a Luino, ei avesto modo de conose a l’improviso, anca la suò Deborah, 5 ane pi granda, anca ela na ex fia de l coro del Cialauz. Roberta e Deborah é naseste n Germania e le é rientrade n Italia co la fameja per andà a scola. Deborah à fato le elementari da l 2001 a l 2005 e Roberta da l 2006 a l 2010. La so fameja à verto na botega a Domeje, nt e l maio 2007. In te chesto momento co le doi suò son drio laurà par fei n CD n ladin. Le cianzon de Longaron n fa parte e le é servide per fei n test de proa su la dente. N tanto partecipon a i concorse de cianzoni n lenge piciole e fason concerti n te i paesi de Belun. Le doi suò é tanto brae a interpretà tanti tipi de cianzon, fasendo vede i n te i concerte la so braura Par chel che me riguarda da vizin, continuo a scrie cianzon par ele e n tanto spero de trovà na scola che v oja continuà chel progeto ladin che tante sodisfazion à dato a l “Coro de i fioi de Cialauz”.
PIEVE DI CADORE
RispondiElimina“E’ arrivato il momento che la legge statale n° 482 del 1999 che ha sancito l’inserimento della “Lingua Ladina” tra le 12 lingue minoritarie italiane, abbia piena applicazione”. Lo chiedono le associazioni costituite nelle vallate dell’Alta Provincia di Belluno. Tra le norme sinora disattese, l’obbligo agli accompagnatori dei turisti nelle zone ladine (Cadore, Zoldo, Agordino, Ampezzo, Livinallongo) che sono in possesso del tesserino provinciale, a conoscere, oltre alle tradizionali materie d’esame, tutto ciò che riguarda il “mondo ladino”, compresa la lingua, le tradizioni e la cucina. La Provincia di Belluno, pur sollecitata più volte direttamente o tramite articoli di stampa, sinora non ha battuto un colpo, ignorando il problema e contravvenendo in questo modo alle norme di legge. Partendo da questo concetto, una pubblicazione che è entrata in commercio lo scorso 27 giugno, si propone d’innovare il settore delle guide culturali e turistiche del Centro Cadore, valorizzando appunto l’ appartenenza di questo territorio al mondo ladino. Per questo la guida è bilingue: italiano e ladino. Oltre agli escursionisti e agli appassionati di storia locale, risulterà particolarmente utile agli accompagnatori dei gruppi di turisti in vacanza nelle località ladine. “Sui sentieri della Redosola – sui troi de la Redosola”, questo il titolo della guida, è relativa alla zona di Nebbiù, nel Comune di Pieve di Cadore e dei suoi dintorni. Affronta in poche pagine e in modo completamente nuovo, gli argomenti che rendono indimenticabile una vacanza: la conoscenza storica della località dove si trascorre, le sue tradizioni, le leggende locali, i piatti tipici e le escursioni possibili e sicure. Tutto condensato in un unico libretto, scritto nelle lingue italiana e ladina, ricco di nove proposte di itinerari, ognuno dei quali corredato da un’apposita cartina topografica sulla quale è segnata la strada da percorrere. Sono 68 pagine ricche di fotografie, che illustrano non solo Nebbiù, il paese al quale fa riferimento, ma anche i suoi dintorni, ovvero le località di partenza degli itinerari: Pozzale, Tai, Pieve e Valle. La parte storico-descrittiva del paese, delle sue chiese, delle sue leggende e della sua cucina, è bilingue, mentre le escursioni – per motivi di sicurezza- sono descritte solo in lingua italiana. Interessanti anche le fotografie, tra le quali alcune del fotografo Frol (Franco Oliveri), per scattare le quali ha dovuto interpretare lo spirito che anima il paese di Nebbiù, un piccolo villaggio che nonostante il numero limitato dei suoi abitanti, riesce ad avere un livello di vita culturalmente molto elevato. Frol, con la sua fantasia è riuscito a carpire l’anima del paese, spalmandola nelle immagini che ogni persona vorrebbe trovare nella località dove cerca un po’ di pace. Alcune di queste foto sono state poste a disposizione degli appassionati che ne possono ottenere una copia, anche ingrandita. La guida è stata pensata anche in funzione della Settimana Nazionale dell’Escursionismo del CAI che il Cadore ospiterà dal 29 Giugno al 6 Luglio del 1914, per celebrare il centenario della prima sezione cadorina. Edita dalle edizioni Tiziano di Pieve di Cadore, con il patrocinio dell’Unione Ladina del Cadore de Medo, dell’Associazione Stampa Cadore e del BIM, è disponibile in vendita a Nebbiù, Valle, Caralte, Calalzo, Tai, Pieve e Pozzale, Vallesella, Laggio, Domegge , Lozzo, Vodo, San Vito, Cortina e sul web all’indirizzo http://annunci.ebay.it/annunci/post/50983460 e www.parlaconbabonatale.it
Igorolivo67@hotmail.it
RispondiEliminaGita al mulino- segheria-latteria
(Pozzale)
Il giorno 23-11-13 alle ore 8.00 le classi 3°A e 3°B della Scuola Media di Pieve di Cadore si sono incamminate dalla loro scuola per raggiungere la “Ciasa della regola”mulino-segheria- latteria di Pozzale.
Giunti alla meta hanno incontrato il sig. Da Cortà che li guidò per la struttura per poter spiegare le varie parti degli attrezzi che venivano utilizzati ai tempi dei nostri nonni.
Questo stabile era funzionante durante la 2° Guerra Mondiale e per questo la gente che lo frequentava rischiava la propria vita per portare il frano a macinare o il latte per formaggi e ricotte.
Qui era presente una sega in passato utilizzata per trasformare tronchi in travi o tavole per pareti, di fronte era posizionato un tornio che serviva per lisciare o lavorare dei pezzi a forma cilindrica di legno .
Al di sotto c’era l’area per la macinazione con tutti gli utensili,invece, il piano sotterraneo conteneva il minimo indispensabile per lavorare il latte.
Per i ragazzi è stata un’ esperienza indimenticabile!
Gita al mulino-segheria
(Nebbiù)
Il giorno 30-11-13 alle ore 8:00 le classi 3°A e 3°B della Scuola Media di Pieve di Cadore si sono incamminate dal piazzale di Tai di Cadore per raggiungere il mulino-segheria di Nebbiù presso il Ru Secco dove li aspettò il sig. Ugo Serafini e il sig. Osvaldo De Lorenzo per guidarli e mostrare a loro la struttura .
Questo locale era dotato di ben tre macine ed una sega accostata da una cucinetta ecologica . non è aperta al pubblico perchè è in condizioni critiche a causa dell’ alluvione del 1966 e del mancato restauro.
Gli antichi macchinari all’ interno erano tutti alimentati da una turbina ad asse verticale che produceva 9 cavalli circa ed era un lusso averne una a quei tempi.
È stato emozionante ed istruttivo per gli studenti che hanno vissuto quest’esperienza!
PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaRelazione delle due uscite ai mulini di Pozzale e Nebbiù
Le classi terze della scuola media di Pieve di Cadore si sono recate due volte a visitare dei mulini, per il progetto:“Guarda dove FAI”, proposto dal professore di arte Ivano Alfarè.
Uscita a Pozzale: la “Ciasa della Regola”
Il giorno 23 novembre 2013 le classi terze della scuola media di Pieve si sono recate all'ex mulino/segheria di Pozzale, dove ora è situata la “Ciasa della Regola”.
I ragazzi sono partiti da scuola alle otto e un quarto e sono giunti a Pozzale dopo circa mezz'ora di cammino sotto la pioggia. Gli alunni sono stati accolti dal sig. Da Cortà, che è stato la loro guida.
Le classi hanno visitato per prima cosa la stanza della macina: hanno potuto ammirare un ingegnoso marchingegno prodotto per sgranare le pannocchie ed anche il vecchio meccanismo dell’orologio che un tempo era installato sul campanile di Pozzale. In seguito gli è stata illustrata la macina vera e propria, che è parsa loro molto affascinante. Da Cortà ha spiegato loro che il mulino è stato il primo in Cadore a funzionare con un motore elettrico, senza bisogno dell'acqua.
Successivamente i ragazzi hanno visitato la parte della Ciasa adibita a segheria, quest'ultima contiene la sega alla veneziana ed una interessante serie di attrezzi per le varie lavorazioni del legno.
Infine la scolaresca ha potuto ammirare lo scantinato della segheria dove è stato raccolto il materiale dell’ex latteria frazionale. Lì sono conservati, oltre ai comuni attrezzi per la lavorazione del latte, anche le schede personali dei soci e la contabilità della latteria.
Finita la visita le classi sono tornate a scuola. I ragazzi hanno decisamente apprezzato questa uscita didattica che hanno considerato istruttiva e arricchente.
Uscita a Nebbiù: il mulino sul “Rù Secco”
Il giorno 30 novembre 2013 le classi terze della scuola media di Pieve si sono nuovamente recate a visitare un mulino, questa volta a Nebbiù.
I ragazzi sono partiti da Tai e, nonostante un freddo polare, sono giunti a Nebbiù alle nove meno un quarto, più o meno.
Sono stati accolti da Ugo Serafini e Osvaldo De Lorenzo, rispettivamente il figlio del proprietario e la guida del mulino.
Come prima cosa il sig. Osvaldo ha spiegato loro che il mulino di Nebbiù era moderno per la sua epoca, in quanto al posto della tipica ruota aveva una serie di macchinari, quali turbine, alberi rotanti ecc..., che venivano azionati dalla forza dell'acqua. Quest'ultima veniva intrappolata durante la notte in una vasca situata circa 70 metri più in alto, lungo il corso del torrente: “Rù Secco” e successivamente rilasciata al mattino acquisendo più potenza e quindi fornendo più energia.
In seguito le classi si sono recate in una stanza, dove si trovano ancora la maggior parte degli ingranaggi e dove è stato spiegato loro il meccanismo grazie al quale il mulino funzionava. Purtroppo parte dei meccanismi è stata rovinata da un' alluvione, perciò oggi è più difficile capire come potessero azionarsi.
Successivamente gli alunni hanno potuto, con gioia, visitare l' ex segheria, dove hanno ammirato l'ingegnoso sistema grazie al quale i tronchi, sopra ad un carro, potevano essere trasportati e lavorati con maggiore facilità. Definiamo “ingegnoso” il meccanismo perché, grazie ad un contrappeso, il carro poteva essere manovrato servendosi di una spinta decisamente inferiore rispetto agli altri carri dell' epoca, per i quali, invece, serviva la forza di due o anche tre uomini.
Come ultima cosa, i ragazzi hanno potuto vedere le due macine, ora inutilizzabili, che un tempo servivano a macinare granoturco e altri cereali.
Anche questa visita, come la prima, è stata molto istruttiva e, nonostante il freddo, molto interessante.
ALLA FINE...
Gli alunni si dicono molto soddisfatti di queste due uscite e affermano che gli piacerebbe vivere nuovamente un' esperienza simile.
Classe 3A Olga Silvestri, Emrana Semsedin, Lisa Tabacchi.
PIEVE DI CADORE
RispondiEliminaIl 23 novembre 2013 ci siamo recati al mulino ristrutturato di Pozzale. Siamo partiti da scuola alle 8.00 e ci siamo incamminati verso Pozzale, una piccola frazione del comune di Pieve. La giornata non era delle migliori a livello meteo dal momento che pioveva molto e il giorno prima aveva nevicato rendendo le strade poco agibili. Arrivati al mulino siamo entrati per scoprire che ospitava una segheria ed una latteria, purtroppo oggi inutilizzate. Era stato costruito per l'utilizzo degli abi-tanti di Pozzale e Pieve.
Una settimana dopo ci siamo recati a Nebbiù, altra frazione di Pieve, per visitarne un altro. Questa volta siamo partiti dal piazzale vicino al bivio per Nebbiù e siamo risaliti a piedi. La giornata era particolarmente fredda ma non pioveva. Al contrario del precedente mulino visitato, quest'ultimo funzionava ad acqua. L'edificio era pericolante ed inagibile. Anche questo era stato adibito a segheria.
Oggi diamo per scontata l'importanza di questi mulini, ci sembrano solo semplici edifici ma al loro interno ci sono veri e propri macchinari, semplici, funzionanti ma fondamentali, che permisero agli abitanti del luogo di macinare e produrre, diventando auto sufficienti.
3A Filippo Rebeschini - relazione uscita visite mulini a Pozzale e Nebbiù.
GITA AL MULINO DI POZZALE
Il giorno 23 Novembre 2013 le classi 3A e 3B hanno visitato l'antico mulino, ora ristrutturato di Pozzale, chiamato "Ciasa delle regole". Arrivati sul posto la guida, ha spiegato loro il funzionamento e lo scopo di macchine, come quella per la farina. In seguito ha illustrato ai nostri ragazzi le varie fasi per arrivare da: cereali, frumento e grano, al prodotto finito. Questo mulino era uno dei primi in Cadore a sfruttare la corrente elettrica per funzionare ma non è stato molto sfruttato per la sua posizione svantaggiosa . Successivamente gli alunni sono passati nella segheria: qui il signor Da Cortà ha mostrato loro i vari strumenti per l'intaglio del legno. Sono entrati in seguito nella latteria dove uno degli oggetti dominanti era un calderone enorme posto al centro della sala, in cui una volta si scaldava il latte. I giovani si sono documentati sulla storia del mulino, su alcuni antichi libri riferiti ad esso e infine sono tornati a scuola con una consapevolezza in più sull'importanza della storia del loro territorio.
GITA AL MULINO DI NEBBIÙ
Il giorno 30 Novembre 2013 le classi 3A e 3b dopo l'uscita al mulino di Pozzale , hanno visitato quello rovinato a causa dell'alluvione del ‘66 a Nebbiù. La guida Osvaldo De Lorenzo li ha accompagnati all'interno dell'edificio ha spiegato loro il funzionamento dei vari meccanismi.
Questo mulino era l'unico in Cadore che invece di essere dotato della ruota che sfruttava l'acqua raccolta in vasche , aveva delle turbine che azionavano con la forza dell'acqua corrente . Al piano di sopra si trovava la segheria che funzionava in modo particolare , perché una parte è stata distrutta dall'alluvione, così anche il pezzo di bosco sfruttato accanto al mulino.
Ringraziato il signor Osvaldo e il figlio del proprietario della struttura, Ugo Serafini, gli alunni sono tornati a scuola contenti di aver imparato altre cose molto interessanti sul loro paese.
3A, Tabacchi Ivana e Alice Raddi relazione delle gite a Pozzale e Nebbiù.
GRUPPO PROMOTORE DEL PARCO DEL CADORE
RispondiElimina(già Marmarole, Antelao, Sorapiss)
Risposta pubblica a presa di posizione pubblica
LE REGOLE CHE HANNO PAURA DELLE REGOLE?
NON TUTTE LE REGOLE SONO COSI’…
E FORSE NON TUTTI I REGOLIERI…
Abbiamo profondo rispetto per le Regole in quanto istituzione antica, radicata nel territorio, che ha come fine la gestione in comune – e per il bene comune - del territorio. E proprio per questo, per il rispetto dell’istituzione in quanto tale e di molte persone che conosciamo e che ne fanno parte, ci sembra doveroso fare alcune precisazioni in merito all’articolo apparso sul Corriere delle Alpi del 22 gennaio 2014 dal titolo “I regolieri stroncano il Parco del Cadore”. Abbiamo atteso qualche giorno per vedere se apparivano smentite da parte degli interessati. Non essendocene state riteniamo corretta l’interpretazione della giornalista e le dichiarazioni riportate.
Iniziamo dal “mancato coinvolgimento” delle Regole di Pieve rispetto all’idea di “investire sul Parco” e della decisione di fare un sondaggio da parte della sindaco Ciotti: non è vero e ne siamo testimoni. La sindaco Ciotti ha convocato l’11.11.2013 una riunione in Municipio per valutare in che cosa consisteva la “proposta Parco”. Per il Comune di Pieve sono stati invitati i presidenti di tutte le Regole di Pieve Da Cortà Franco, Costella Francesco e De Polo Alberto, alcuni componenti della Giunta e la responsabile della Polizia Locale. Ospiti, per illustrare la proposta, alcuni rappresentanti del Gruppo Promotore del Parco e, come esperto, Michele Da Pozzo, direttore del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo, gestito dalle Regole di Cortina, per fornire informazioni dirette su che cosa significa gestire un Parco in montagna, e per di più un Parco che ha utilizzato la stessa legge regionale a cui si ispira il Parco del Cadore. In quella sede molti sono stati i chiarimenti forniti da quest’ultimo rispetto alla gestione e alla struttura dell’Ente che è stata definita “leggera, con poche persone, per essere economicamente sostenibile”: il contrario del carrozzone a cui si fa riferimento nell’articolo, ed è stato precisato che i benefici economici che il Parco porta sono da cercare nell’indotto che genera, seppure non si parli di grandi cifre che, da sole, possono risolvere i problemi economici di un paese: piccole e medie imprese e servizi legati al turismo “soffice” legato ai parchi. L’unico, secondo quanto ha recentemente scritto Cianciullo su Repubblica, che registra un saldo economico in crescita. Al termine della riunione la proposta della Sindaco di sondare l’opinione della popolazione con un sondaggio non ha trovato opposizioni.
Nell’articolo si parla poi di “progetto naufragato 25 anni fa…”: non capiamo di cosa si parla…non c’è nessun naufragio nella storia del Parco perché non è mai stato presentato un progetto in tal senso da parte degli Enti Locali. Sono infatti questi ultimi gli unici deputati a farlo, e questo dovrebbero saperlo le Regole di Pieve, se conoscono la legislazione in materia… Pertanto: non vero anche questo. Il Gruppo promotore ha come scopi ed obiettivi solo la promozione e la sensibilizzazione verso l’iniziativa, innanzitutto a partire dalla popolazione e poi, a cascata, a chi amministra. Sulla popolazione crediamo di aver fatto tanti passi avanti e sentiamo molta gente vicina e convinta. Per quanto riguarda le amministrazioni il discorso è stato più difficile ma è in capo a loro la decisione e non a noi, anche perché fare un Parco significa spendersi molto per la propria gente e il proprio territorio, significa costruire insieme un “modo di operare”. Forse per questo abbiamo dovuto attendere tanto perché un sindaco, una sindaca nello specifico, e la sua Giunta, finalmente partissero in questa direzione!
prima parte segue
SECONDA PARTE
RispondiEliminaRispetto alla gestione, purtroppo, altre notizie sbagliate: il Parco può essere gestito a livello locale, una legge nazionale lo prevede, tanto è vero che il Parco delle Dolomiti d’Ampezzo è gestito proprio dalle Regole! Inoltre, su questo punto, il direttore Da Pozzo ha spiegato molto chiaramente che se le autorità locali (Comuni, Regole, Comunità Montane, ecc..ndr) si fanno avanti ora e se dimostrano di avere competenze sufficienti a livello locale, possono avere titolo per gestire una zona riconosciuta a livello di Unione Europea, come SIC (sito di interesse comunitario)e ZPS (zona a protezione speciale). Se nessuno degli Enti suddetti lo fa, l’Unione Europea un giorno potrebbe chiedere di farlo ad altri.… A questo punto “il fare ora in loco” o il “lasciar fare domani ad altri” è nelle nostre mani. E soprattutto, aggiungiamo, nelle mani di chi si oppone. Crediamo quindi che, al di là di tutti i giusti approfondimenti che dovranno essere fatti, coinvolgendo le varie rappresentanze locali all’ideazione del Progetto Parco nel suo insieme, non devono spaventare i vincoli (che già ci sono) e che possono essere trasformati in positivo (ad esempio per ottenere fondi comunitari e da altre istituzioni). Il Parco, si sa, non espropria niente a nessuno. Semmai chiede di rispettare alcune regole: quelle relative a una buona, anzi, ottima gestione di un territorio. E le Regole, al di là del gioco di parole, non dovrebbero temere le regole! La sfida è “starci dentro”, per tutelare, proporre e fare, modalità che rappresenta, in definitiva, il miglior controllo.
L’ultimo punto riguarda il riconoscimento Unesco. Su questo siamo amareggiati e sconcertati nel veder liquidare in un modo così offensivo il lavoro fatto dalle istituzioni pubbliche (in particolare le Provincia di Belluno e Bolzano) e da associazioni e fondazioni private, da docenti universitari e quanti altri si sono spesi per far riconoscere le nostre montagne a livello mondiale… Possiamo certo criticare le lentezze burocratiche legate all’avvio di tale operazione ma proprio per questo dovremmo darci da fare, tutti, perché questo riconoscimento entri maggiormente nei nostri progetti, nella nostra testa e nei nostri cuori per farne elemento di orgoglio e promozione, volano di sviluppo e di progetto collettivo anziché rispondere, sempre, con la lamentazione e intraprendendo azioni per affossare tutto…
A questo punto, cari signori Franco Da Cortà e Alberto De Polo, vi ringraziamo dell’occasione che ci avete dato per informare su questioni importanti come quelle che, al di là dei modi, avete posto. E pensare che la sindaco Maria Antonia Ciotti, nella lettera inviata ai cittadini, ha dato la disponibilità per informazioni, chiarimenti, suggerimenti, partecipazione, ecc..
SEGUE
Per quanto ci riguarda, fatti questi chiarimenti, da domani possiamo fare “punto e a capo” e ricominciare, perché siamo convinti che, in ogni contesto, anche quello più difficile, un confronto e una corretta informazione possano far superare molti timori e paure. A meno che non ci siano altri interessi, non dichiarati, e di ordine privato, dei quali non siamo a conoscenza.
RispondiEliminaChiudiamo con l’invito, a voi e ai cittadini che ancora sono diffidenti verso tale progetto, da un lato di “andare a vedere” come funziona un Parco a pochi chilometri da noi: quello delle Dolomiti d’Ampezzo, che è “un buon parco” perché le Regole di Cortina hanno fatto scelte di qualità nei professionisti che lo gestiscono e nella modalità di attuarlo; dall’altro di riflettere bene se osteggiare una proposta che oggi rappresenta forse l’unica carta di valore ancora da giocare per lo sviluppo del nostro territorio e per far aumentare i posti di lavoro attraverso la diversificazione delle attività che porta con sè questo progetto. Siamo in una situazione molto difficile e delicata: molti giovani, andati “fuori” a studiare non sono tornati perché nella nostra terra non hanno prospettive e anche molti adulti stanno facendo le valige… ma non in tutte le zone di montagna avviene ciò che sta avvenendo da noi … da altre parti, dove si è investito diversamente sul proprio ambiente naturale, c’è un’inversione di tendenza. Fermare questo progetto potrebbe portare la zona, tutta, a un punto di non ritorno…A voi la decisione, a voi la responsabilità. Cordialmente.
Intervista all’Arcidiacono monsignor Diego Soravia dopo un anno di permanenza a Pieve
RispondiEliminaComincio con il rispondere alla prima domanda: “come sono stato accolto”? Voglio migliorare la domanda stessa: “come continua ad essere accolto a Pieve”?
Il giorno del mio ingresso, il 20 gennaio 2012 era ricco di neve e di emozione. La neve era un frutto di stagione; l’emozione la portavo con me, consapevole d’un momento particolare della mia vita nel quale tanti punti di riferimento cambiavano. Non nego la fatica d’aver lasciato le Comunità di Santo Stefano, di Costalissoio e di Casada. L’aver condiviso per venticinque anni tanta storia e l’aver camminato insieme a tante persone non si cancellano da un giorno all’altro. Ecco allora i ricordi del Comelico e la novità del nuovo servizio. Mettere insieme queste due realtà continua ad essere il mio impegno. Evidentemente la prevalenza è data alla conoscenza di questa nuova “famiglia” nella quale desidero entrare e con la quale spero di fare un tratto di strada nella vita quotidiana. L’accoglienza dei nuovi parrocchiani è stata buona: credo li abbia impressionati il clima di affetto con cui tanti mi hanno accompagnato dal Comelico. Non manca il saluto e la cordialità anche se ci vorrà del tempo perché a Pieve, a Sottocastello e a Pozzale mi sentano come uno di famiglia, uno di loro, uno che desidera conoscerli ed apprezzarli per le loro qualità e caratteristiche.
Anche il mondo istituzionale della vita pubblica sta dimostrando attenzione e accoglienza: per ora prevale l’aspetto del ruolo – l’Arcidiacono - , ma poi, spero, ci sarà maggior affiatamento per la persona, per me in quanto uomo e sacerdote chiamato ad offrire stimoli e traguardi per un vivere condiviso le molteplici realtà paesane.
Tutti ricordano il suo saluto in Magnifica Comunità di Cadore quando ha proposto di trasformare il verbo “conservabitur” nel motto (Iustitia ed fide conservabitur) in “promovebitur”: cosa intendeva suggerire?
Grazie della domanda che mi fa ricordare quella solenne accoglienza nel salone della Magnifica. Vede, anche se vengo dal Comelico, penso di conoscere abbastanza la vita della montagna, i suoi ritmi e la fatica del vivere tra le nostre crode. Sono profondamento convinto della fortuna che ho di vivere in questo territorio ed in questo periodo. Ma sono altrettanto convinto che sia urgente uno scossone salutare prima che la situazione diventi insostenibile a causa dello spopolamento, della chiusura delle fabbriche, della fuga dei nostri giovani verso altri ambienti. Credo che ci sia ben poco da “conservare” ed invece molto da “proporre” e da “promuovere”. Non fare nulla sarebbe la scelta più grave mentre un po’ alla volta scopriremo di essere sempre di meno, di avere scarsa voce in capitolo là dove si fanno le scelte per la montagna.
Tra poco, se Sappada andrà in Friuli, Comelico Superiore in Alto Adige, Auronzo e Cortina con… e noi… ci guarderemo in faccia smarriti ed abbandonati! E’ vero che la giustizia e la fede sono e saranno dei valori di conservare e apprezzare ma è altrettanto vero che servono iniziative nuove, proposte coraggiose, opportunità di far emergere dai nostri imprenditori. Sta noi amare per primi il nostro territorio, sta a noi avere il coraggio d’investire di nuovo, sta a noi trovare forme più serie di unione tra Comuni e tra Regole. Il passato faticoso – penso subito dopo la seconda guerra mondiale – è stato affrontato dalla gente di montagna con la grinta tipica di chi non si arrende e non si ferma allo sterile brontolio.
INTERVISTA A MONSIGNOR DIEGO SORAVIA SECONDA PARTE
RispondiEliminaPromovebitur: nell’azione coordinata tra Comuni, con una maggior capacità di dialogo tra le numerose Regole del nostro territorio. Con una più incisiva presenza animatrice delle Magnifica Comunità. Ricordo con piacere la grande manifestazione del maggio scorso sul Ponte Cadore.
Perché non aver fatto qualcosa di simile e insieme in occasione del disagio elettrico di fine dicembre?
Mi rendo però conto che il mio ruolo di sacerdote ed anche di membro della Magnifica non si sovrapporrà mai al servizio dei Pubblici Amministratori. Il mio compito specifico è quello di annunciare Cristo e Cristo salvatore.
Veniamo allora al suo ruolo di Parroco e di Arcidiacono: come lo sta vivendo?
Sto cercando di conoscere e apprezzare ciò che i miei predecessori hanno seminato. Mi fa piacere sentire che c’è un grande ricordo di mons. Fiori, di don Guglielmo ed anche di mons. Renzo Marinello. Ognuno di loro ha certamente dato quanto era nelle loro capacità con la collaborazione dei parrocchiani. Più volte in questo periodo ho invitato i miei nuovi parrocchiani a “riscoprire” Cristo al centro della loro vita ed ho suggerito loro quel proverbio che dice così: “se uno ti mostra la luna con il dito, tu non fermarti a guardare il dito. Guarda la luna”!. Intendevo dire che non ci si deve fermare alle qualità o ai difetti del sacerdote: è necessario invece andare ad incontrare Cristo con maggior impegno.
In occasione dei mio primo anniversario di permanenza a Pieve, una persone così m’ha scritto: “grazie per la sua presenza preziosa fra noi, per la “tenerezza” nei confronti dei nostri bambini, per la pazienza nei nostri confronti, per i saggi messaggi che ci invia e che spesso non riusciamo ad applicare nella pratica, grazie, grazie, grazie ed il Signore l’aiuti in ogni bisogno! A Lei tutto il bene”!
Ecco, se ci sarà nei parrocchiani un clima di stima, di dialogo e di collaborazione, allora cammineremo certamente bene sulle vie del Vangelo, sulle vie d’una bella notizia che ci fa incontrare un Dio che ci ama.
INTERVISTA A MONSIGNOR DIEGO SORAVIA TERZA PARTE
RispondiEliminaA proposito di strada, Lei ha iniziato ad inviare a tutte le famiglie “Sentieri”, il nuovo bollettino parrocchiale. Com’è stato accolto?
Erano tanti anni da quando non entrava più nelle case il bollettino parrocchiale. Ho pensato di fare questa scelta per incontrare un maggior numero di persone e non solo quelli che abitualmente frequentano la Chiesa per la Messa domenicale. Sono già entrato quattro volte in tutte le case grazie alla collaborazione di chi s’è preso l’impegno di recapitare il bollettino in centro ed anche nelle frazioni. L’accoglienza mi pare sia stata buona e vedo con piacere che sta crescendo anche l’interesse per la collaborazione nei contenuti. Anche chi abita lontano, sta inviando dei messaggi di apprezzamento e d’incoraggiamento. Il titolo poi “Sentieri” sta a indicare che desideriamo essere una Comunità in viaggio, in cammino e non una comunità seduta, ferma, caso mai rifugiata nei ricordi d’un passato che non torna più. “Sentieri” significa che abbiamo delle mete, dei punti di arrivo; fa piacere sentire Papa Francesco che c’invita ad uscire, a ripartire, a riscoprire la bella notizia del Vangelo.
Sono convinto infatti che le nostre Comunità non stanno vivendo il meglio delle loro potenzialità religiose ma stanno vivacchiando al minimo indispensabile. Il sacerdote, allora, come un educatore in famiglia o a scuola, ha il compito d’incoraggiare, di animare, di proporre. Spero di poter offrire questo servizio con maggior “vivacità” pastorale dopo il primo anno di necessario ambientamento.
Cosa l’ha maggiormente colpito della nostra realtà in questo suo primo anno di Parroco?
E’ evidente che per me in questo primo anno era necessario prendere atto della realtà com’essa è e si presenta senza interpretazioni troppo accomodanti e consolatorie ma anche senza rifiuti preconcetti. Ogni giorno ho avuto la possibilità di accostare la realtà di questa mia nuova famiglia: una realtà che merita di essere sempre meglio conosciuta e per la quale sono chiamato a dare il meglio di me stesso.
Cos’è che gli ha maggiormente impressionato?
Prima di tutto un diffuso individualismo, un pensare per sé. Vedo che manca un affiatamento paesano, un’armonia di forze e di proposte condivise. Mi sembra che ognuno guardi al “suo negozio” senza interessarsi del bene di tutti. Manca cioè un’anima paesana, un sentirsi parte viva d’una comunità, d’una famiglia. Quando in una famiglia ognuno va per la sua strada, allora … la strada non porta da nessuna parte! Tra le frazioni ad esempio noto che non c’è collaborazione o scambio di opportunità. Il Papa Francesco a questo proposito parla di “globalizzazione dell’indifferenza”.
Ecco allora la proposta, sempre di papa Francesco: “La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà.
La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non s’incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità” (Evangelii gaudium n. 46 - 47)
Religiosamente m’impressiona il vuoto giovanile nei banchi in chiesa: bambini e ragazzi solo raramente li incontro in Chiesa e mi chiedo come mai dato che hanno avuto die genitori seguiti, a suo tempo, da bravi e generosi cappellani!
Mi guardo attorno e vedo molti giovani che avrebbero bisogno di qualche adulto significativo accanto a loro: spero che si costituisca un gruppo giovanile dinamico, gioioso, impegnato; un gruppo capace di essere propositivo nella vita parrocchiale e paesana. Non lasciatemi però sognare questa nuova realtà da solo!
RispondiEliminaNon voglio però continuare ad evidenziare ciò che mi sembra non funzioni nella Comunità; preferisco sottolineare ciò che è bene e ciò che può diventare ancora migliore se ci crediamo in Dio ma anche nelle nostre opportunità che non sono poche. Abbiamo tanti ragazzi che si aspettano di trovare adulti motivati e propositivi; abbiamo ospiti e turisti che apprezzano le nostre contrade, abbiamo un passato glorioso che ci anima a dare il meglio di noi stessi per questo nostro tempo.
Abbiamo un arcidiacono… che vuol camminare con tutti noi per riscoprire il Vangelo e per dare un incoraggiamento ai nostri passi. Il viaggio nei Sentieri della vita è lungo, è faticoso ma, nello stesso tempo è e sarà affascinante. Perché non crederci?
Faccio mio perciò uno dei tanti ed apprezzati inviti di papa Francesco: “non lasciamoci rubare la Comunità”! ( Evangelii gaudium n. 92)
In conclusione: sono contento di essere a Pieve, non mi nascondo le difficoltà che incontro ogni giorno. Sono però convinto che un po’ di bene riuscirò a realizzarlo con la collaborazione, la stima e la preghiera dei miei fratelli e sorelle di fede.
“A volte ci sembra di non aver ottenuto con i nostri sforzi alcun risultato, ma la missione non è un affare o un progetto aziendale, non è neppure un’organizzazione umanitaria, non è uno spettacolo per contare quanta gente vi ha partecipato grazie alla nostra propaganda; è qualcosa di molto più profondo, che sfugge ad ogni misura. Forse il Signore si avvale del nostro impegno per riversare benedizioni in un altro luogo del mondo dove non andremo mai. Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole; noi ci spendiamo con dedizione ma senza pretendere di vedere risultati appariscenti. Sappiamo soltanto che il dono di noi stessi è necessario. Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui”. (Evangelii gaudium n. 279)
Ecco: mi auguro e ci auguriamo un buon lavoro nella testimonianza d’un Vangelo che possiamo conoscere meglio e concretizzare poi nelle scelte di vita bella per tutti.
Se il Referendum del 4 dicembre ha visto la predominanza del NO, una parte consistente di questo risultato è stato indotto, oltre dalla pressione esercitata dai social, anche dai silenzi di chi non si è esposto per timore di essere boicottato dalla maggioranza che, condizionata, dal “tutto va male” quasi imposto dai media: giornali, televisioni e radio, che spesso hanno imposto un linguaggio violento, in molti casi falso e discriminante, non condiviso da molti, ma purtroppo, da tutti accettato in silenzio da molti cittadini che non la pensano nello stesso modo, anche se non condiviso. Lo stesso discorso va fatto per quanto riguarda l'opposizione dei partiti della destra all'accoglienza degli
RispondiEliminaimmigrati. Purtroppo, questa non è una novità, tanto che anche lo stesso Einstein ha sempre affermato che “il danno vero, non lo fa chi si comporta male e lo causa, ma chi lo vede e non interviene, portando la gente a pensare che sia una cosa giusta”. Una verità mai stata cosi evidente come in occasione del referendum, quando molte falsità evidenti spacciate come vere dalla stampa e dalle televisioni, comprese quelle di Stato, non hanno trovato cittadini degni di questo nome che abbiano avuto il coraggio d'intervenire. Lo stesso si deve purtroppo
dire dei sindaci veneti e bellunesi, che per assecondare l'opinione
di un sindaco oggi se la prendono anche con il vescovo Marengoni che ha invitato le parrocchie ad essere accoglienti, come prevede il Vangelo. Telegiornali, come quelli di Rete 4 e i servizi in diretta dai luoghi nei quali si sarebbero verificati fatti delittuosi o strani, hanno tenuto banco per mesi, terrorizzando la popolazione e demoralizzandola, con l'unico scopo di convincerla che in Italia nessuno può vivere onestamente e in piena tranquillità la loro vita. Uno degli argomenti che ogni giorno ha riempito i teleschermi, è stato l'immigrazione trattata come
un problema insostenibile, mentre non ha mai raggiunto un livello di pericolosità preoccupante a livello nazionale, sopratutto in una nazione come quella italiana, dove non ha mai superato il livello di guardia. Il problema è stato spesso enfatizzato per motivi politici e solo per portare voti e consensi ai partiti. Quanto ascoltato in questi mesi dagli
esponenti della Lega e di altri raggruppamenti politici hanno spesso raggiunto limiti inaccettabili per delle persone civili. Quando ci sarà qualcuno che reagirà?
“La grande manifestazione che si svolge mercoledì 8 febbraio 2023 per il dichiarato disinteressamento della proprietà sullo stabilimento Safilo di Longarone, si lega idealmente alla manifestazione di Mel del 13 novembre 2021, in cui tutti i soggetti politici, sindacali e istituzionali si riunirono in un grande momento di solidarietà e partecipazione nei confronti dei lavoratori della Ceramica Dolomite e della Acc, ma anche per la salvaguardia della relativa struttura industriale. Allo stesso modo vuole essere questo l'inizio di un percorso che deve vedere un livello ancora maggiore di attenzione, perchè impatta su un settore quale l'occhialeria determinante per il territorio. Un settore che nel territorio Bellunese rappresenta l’80% della produzione globale e occupa quasi 14.000 persone su un totale di 18.000 circa, questo solo con l'occupazione diretta e senza contare l'indotto.
RispondiEliminaMa perchè l'azione sindacale e politica è così importante in questa fase? Semplicemente perchè dentro una più complessiva trasformazione di tutto il mondo dell'occhialeria, legato da una parte alle scelte strategiche delle grandi griffe e dal cambio delle storiche proprietà, a farne le spese saranno, se non si interviene in maniera decisa, le lavoratrici e i lavoratori e, tra questi, i meno qualificati o quelli con limitazioni fisiche causate da anni di lavoro sulle linee di produzione.
Due sono i filoni dell'azione sindacale, da una parte quello di carattere strategico, in primis la formazione, con i quasi 3 milioni di euro cofinanziati da Regione Veneto e parti datoriali, dall'altra una forte azione negoziale e rivendicativa, come quella che stiamo mettendo in campo finalizzata a influenzare in maniera positiva le scelte del management Safilo e degli azionisti.
Siccome sono questi processi che partono da lontano, fanno specie alcune dichiarazioni di qualche giorno fa di Tabacchi che tendono a individuare rispetto alla situazione dell'Azienda, responsabilità parziali e non ben motivate, bisognerebbe chiedersi invece come mai Safilo negli ultimi 15 anni ha perso dal proprio portafoglio le principali griffe quali Armani, Gucci, Dior ecc., finendo per cessare di essere quel riferimento per la produzione degli occhiali di lusso che negli anni ne ha fatto la fortuna.
il sindacato è impegnato con le sue migliori energie e insieme al mondo della politica e istituzioni sul territorio per far sì che l'occhialeria continui ad essere una parte fondamentale dell'economia della provincia, con la consapevolezza che nessuno deve rimanere escluso, a partire dai più fragili e con la lungimiranza di chi deve trovare soluzioni per l'immediato, ma anche di lungo respiro che garantiscano continuità, crescita professionale e prospettive ai lavoratori di oggi e ai giovani di domani”.
Milena Cesca
Femca Cisl Belluno Treviso